10 Gennaio 2023

Aerodinamica MotoGP: dal delfino allo stegosauro, Giappone insegue

Giappone eccellenza delle moto, ma da più di mezzo secolo insegue nell'aerodinamica le case europee: una storia curiosa.

Aerodinamica MotoGP: dal delfino allo stegosauro, Giappone insegue

Al recente incontro celebrativo dei successi MotoGP di tutto lo staff Ducati con Sergio Mattarella un fierissimo Luigi Dall’Igna, dal suo legittimo punto di vista, ha ribadito a chiare lettere la supremazia tecnologica dell’azienda. Per due-volte-due non soltanto ha svelato al Capo dello Stato cosa siano gli “abbassatori“, ma con grande orgoglio ha ribadito una tesi: “Noi siamo quelli che hanno sviluppato più di tutti gli altri l’aerodinamica“. Letterale. In effetti, lo si voglia o meno, è proprio così. Oggettivo. Da più di un lustro a questa parte, Ducati in MotoGP ha segnato una via. Con l’elettronica contingentata, nella top class la strada dell’aerodinamica la fa da padrona. Basti vedere gli sviluppi recenti portati dalle case. Si parla sempre meno di “meccanica“, di “ciclistica” e sempre più di “aerodinamica“. Con i costruttori giapponesi ad inseguire.

AERODINAMICA PRIORITÀ IN MOTOGP

Suona strano che il Giappone, la culla delle due ruote a motore, sia costretto ad accodarsi alle realtà del Vecchio Continente su questo campo. In fondo è sempre stato così. Nella più stretta attualità, per fare un recentissimo esempio, abbiamo visto in sequenza Honda, Suzuki e ultima Yamaha mutuare lo “Stegosauro” Ducati sul codone delle rispettive MotoGP. Il nuovo profilo aerodinamico della RC213V inoltre ricorda la Aprilia RS-GP e via discorrendo. Insomma: elementi e prove concrete alla mano, le superstiti (nella classe regina) Honda e Yamaha su questo campo sono costrette ad inseguire.

UNA STORIA LUNGA OLTRE MEZZO SECOLO

Di fatto viene riportata in auge una tematica degli albori del motociclismo moderno. Già negli anni ’50, quando ancora Honda, Yamaha e Suzuki dovevano debuttare nei Gran Premi, le eccellenze motociclistiche europee dettavano il percorso da seguire. Non da meno, con le prime sperimentazioni aerodinamiche, più o meno funzionali alla causa.

LE PRIME CARENATURE

Alla prima visita perlustrativa al TT 1954, Soichiro Honda rimase sorpreso (per sua stessa ammissione, “shockato“) dal livello delle motociclette europee. Per potenza, ma anche per l’aver adottato le prime raffazzonate carenature. Soprattutto in Italia, l’aerodinamica era già un culto, per via delle prove di velocità e accelerazione che presentavano le varie Gilera, Moto Guzzi, MV Agusta già belle che carenate. Scontato dirlo, il “Grande Vecchio” cominciò a studiare questo aspetto per le prime Honda da competizione.

YAMAHA ED IL DELFINO DELL’AERODINAMICA

Yamaha, nata soltanto nel 1955, per la seconda edizione delle Asama Races (la prima grande competizione motociclista del Sol Levante) di scena nel 1957 nei pressi dell’omonimo vulcano, seguì questa filosofia. Con una storia tutta da raccontare. Le proprie YA-1, dominatrici dell’edizione 1955, sperimentarono una carenatura direttamente in gara, senza poterla testare prima per ragioni di riservatezza. Gli stessi tecnici dei Tre Diapason manifestarono un po’ di preoccupazione alla vigilia in merito alla possibilità che si potesse staccare o causare un incidente. Questa carenatura, ribattezzata “Dolphin cowl” (“A Delfino” o “Testa del delfino“), fu adottata one-shot. Buona notizia, alla prova del nove della corsa, non presentò problemi. Mashiko, Sunako e Shimoura monopolizzarono il podio della 125cc con la “Yamaha Delfino” che riuscì a reggere la distanza di gara (12 giri pari a 112km). Insomma: che si parli di “Delfino” o di “Stegosauro“, le case motociclistiche giapponesi in campo aerodinamico arrivano sempre dopo…

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