6 Maggio 2020

Superbike: Troy Bayliss “Monza era speciale, sentivi il pubblico urlare”

La Superbike dei vecchi tempi era speciale anche perchè correva in piste mitiche: velocissime, pericolose, con il pubblico attaccato all'asfalto. Troy Bayliss si ricorda bene Monza...

Superbike, Troy Bayliss 2000

Agli appassionati Superbike piace parlare di tecnica, per cui tanti pensano che l’entusiasmo che si respirava negli anni d’oro sia attribuibile ai questo tipo di fattori. Sui social è tutto un disquisire di numero di cilindri, cubature e vicinanza ai modelli di serie. Non è vero, perchè fino al 2002 l’impegno dei Costruttori era così forte che le moto migliori erano lontanissime da quelle in vendita dai concessionari. La Honda VTR1000-SPW iridata nel 2002 con Colin Edwards di uguale al modello stradale aveva l’adesivo sul serbatoio, forse. Tutto il resto era prototipizzato al massimo, e i budget dei top team erano tre-quattro volte più alti di adesso. Il regolamento tecnico non è mai stato stringente come adesso, e la vicinanza con le stradali così forte. E allora cosa c’era che attirava così tanto?

“Siamo tutti figli di Troy”

Le cose sono assai più semplici. Uno dei fattori, per esempio, era correre su piste “speciali”. Brands Hatch e Monza erano il clou di quelle stagioni. Impianti vecchio stampo, dove velocità altissime e  pericolo erano ingredienti fondamentali dello show. Troy Bayliss, che quei tempi li ha vissuti da fuoriclasse (tre titoli Mondiali e 52 successi conquistati) si ricorda bene quei momenti. “Monza era davvero speciale, era una pista storica, velocissima. Il pubblico l’amava per quello, e anche per noi piloti era specialissimo correrci dentro. Mi ricordo benissimo l’ingresso in prima variante: rallentando, potevi sentire il rombo della folla, mentre correvi. Era molto eccitante.” 

Quel sorpasso indimenticabile

A Monza Troy Bayliss debuttò nel 2000, e con il pubblico italiano fu subito amore a prima vista. Quell’anno la Ducati lo aveva chiamato per sostituire Carl Fogarty, che si era infortunato a Phillip Island rompendosi un braccio contro il muretto in uscita dalla curva due. L’idolo di quell’epoca non sarebbe più tornato in moto. Per la gara successiva a Sugo, in Giappone, l’allora ds Davide Tardozzi chiamò Troy Bayliss, che l’anno prima aveva vinto con la Ducati il BSB. Troy cadde due volte alla prima curva, un rovescio pazzesco che gli costò il posto. Nel round dopo, a Donington, la Ducati schierò Luca Cadalora, ma anche quello fu un disastro. Così per Monza venne richiamato Troy Bayliss. L’australiano sapeva che sarebbe stata l’ultimissima possibilità. Disputando due corse al fulmicotone, Troy infiammò il pubblico con uno strepitoso sorpasso …quadruplo in prima variante. “Esagerai un pò, frenando ben oltre il limite, il bello fu riuscire a starci dentro…” sorride, oggi, il Mito. Trasformare un mezzo errore in leggenda è pane per fuoriclasse. Quella domenica finì due volte quarto. Due settimane dopo ad Hockenheim, la vecchia e velocissima versione, centrò il primo dei suoi 52 trionfi Mondiali. Era nata una stella, e Monza lo aveva capito in anticipo…

Lascia un commento