19 Marzo 2010

Superbike: Leon Haslam vuole il titolo mondiale

L'inglese convinto di poter puntare all'iride in questa stagione

Dopo una stagione 2009 nel mondiale Superbike in sella alla Honda del team Stiggy, nella quale ha dimostrato al mondo intero (se qualcuno aveva ancora dei dubbi sul suo conto) tutto il talento di cui dispone, Leon Haslam ha cominciato nel migliore dei modi il 2010 con il team Suzuki Alstare, ottenendo nel round inaugurale di Phillip Island la prima vittoria nella competizione e un secondo posto nella seconda manche. Ora “Pocket Rocket” si appresta ad affrontare il weekend di Portimao, in programma dal 26 al 28 marzo prossimi, da leader della classifica e, nonostante sia ancora presto per poter fare dei bilanci definitivi, ritiene ovviamente alla sua portata l’obiettivo del titolo finale.

Intervistato nel corso di una teleconferenza organizzata dai gestori del tracciato statunitense di Miller Motorsport Park infatti, Haslam afferma che “Ogni pilota lo desidera e pensa di poterne essere all’altezza. Dalla mia parte ho la prima vittoria e la prima Superpole e il feeling e la fiducia sono molto alti. Su ogni tracciato nel quale abbiamo effettuato dei test abbiamo dimostrato di essere veloci, così come abbiamo dato la prova di poter vincere alla prima gara disponibile. Quindi non c’è ragion per cui non possiamo vincere il campionato e penso che abbiamo una buona possibilità di farcela. Sappiamo che sarà dura, ma se fosse facile lo vincerebbe chiunque! Mi sento quindi molto positivo riguardo al campionato, nonostante ora ci stiamo concentrando su una gara per volta”.

Leon Haslam è solo uno dei tanti, per la precisione sette, piloti britannici che prendono parte a questa stagione del mondiale Superbike. Alla domanda se sente la rivalità con gli altri connazionali risponde che “Ovviamente c’è. La prima cosa che un pilota vuole fare è vincere, ed è ciò che ognuno desidera. Ma nella lista di cose da compiere c’è anche quella di prevalere sul compagno di squadra, di essere il primo tra i piloti che corrono per la stessa casa produttrice e di essere il migliore tra i piloti provenienti dal tuo paese. E con sette piloti e tutti su moto ufficiali, è una missione di alto livello. Siamo quasi tutti attorno ai 25 anni, ed è chiaro che c’è rivalità. E se capita che loro vadano più veloce di te, proverai a mettere in campo quel pizzico in più per primeggiare sugli altri britannici”.

Nonostante la sua ancora giovane età (compirà 27 anni il prossimo 31 Maggio, proprio nella giornata di gara del round di Miller Motorsport Park), la carriera di Leon Haslam si può già considerare molto lunga e costellata di importanti esperienze, che paradossalmente l’hanno portato quest’anno, per la prima volta, a competere all’interno di un team ufficiale. Nonostante ciò, afferma di non aver perso neanche un briciolo della passione per le corse. La stessa che lo accomuna al padre Ron, grazie al quale è potuto crescere nel paddock e respirare aria di corse sin da bambino, ed è interessante quindi ciò che ha da dire rispetto al rapporto con un genitore di così grande “peso”.

“Sono passato da che lui non era molto interessato al fatto che io corressi al punto in cui ha realizzato che lo stavo facendo per me stesso, e da lì si è messo dietro di me. Questo ha coinciso col momento in cui son passato alle gare su asfalto. E dall’età di quattordici fino ai diciannove anni mi ha aiutato al 110%. Ma abbiamo avuto sempre un bel po’ di contrasti, poiché mio padre è il mio più grande critico. Non è come tutti gli altri genitori che elogiano i figli ogni giorno: se vinco una gara la prima cosa che mi dice è che, non sono stato abbastanza bravo lì o che ci sono ancora punti da migliorare. E in quel periodo avevo come la sensazione che fosse geloso o che ce l’avesse con me, e così abbiamo avuto molti litigi. Tutto questo, nonostante mi sia stato di grande aiuto”.

“Negli anni successivi, una volta che crebbi davvero, realizzai che tutto ciò che pensavo di negativo era sbagliato, e che in realtà tentava solamente di aiutarmi. Dai 19-20 anni d’età in poi, abbiamo avuto un rapporto fantastico. E le sue critiche in realtà non lo sono per davvero, lui cerca solo di farmi migliorare come pilota. E la prima cosa che facciamo quando torno nel Regno Unito è di fare del trial assieme, o girare con le mini moto in inverno all’interno di un capannone che abbiamo a casa. E così com’è è fantastico, e non lo cambierei per nulla al mondo”.

Valerio Piccini

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