18 Gennaio 2021

Intervista, Loris Baz: “Rea incredibile, ma arriverà il giorno in cui lo batteranno”

Loris Baz ancora senza sella per il 2021. Aspettando Ten Kate... Ma ha parlato anche di Superbike e MotoGP in generale, più molto altro. L'intervista.

loris baz superbike

di Ana Puerto/Motosan.es

I risultati di Loris Baz nel 2020 non sono stati del tutto negativi. Anzi ha lottato più volte per il podio ed alla fine ci è salito in quattro occasioni: Portimao, Montmeló e due volte in casa a Magny-Cours. Certamente è stato complicato correre senza tifosi a causa del Covid, ma per il pilota non è stato così difficile convivere con questa situazione. Per questa stagione non ha ancora un contratto, anche se non mancano le offerte. Le difficoltà economiche attuali però non gli permettono di sapere se potrà continuare con Ten Kate.

Non assaporava il podio dal 2014, com’è stato tornarci?

Certo il podio di Portimao è stato molto speciale, emozionante. Ho lottato tanto per riavere questa possibilità quando sono tornato in Superbike. Certo non ho avuto la fortuna di trovare una squadra in grado di lottare per il podio, come successo quando sono andato in MotoGP, e ho vissuto stagioni difficili. A dire il vero il progetto Ten Kate era molto bello all’inizio, ma c’era tanto lavoro da fare. Abbiamo conquistato molti quarti posti, quindi salire sul podio era speciale. 

Due podi su quattro sono arrivati in Superpole Race. Le piacciono queste ‘gare sprint’ o preferisce il formato normale?

Non credo di andare meglio in queste gare. Certo, ci abbiamo lavorato molto dopo il 2019, visto che in quella stagione mi era difficile essere rapido nei primi giri con la R1. Siamo migliorati molto, ma secondo me nel 2020 siamo andati bene in tutte le gare. Sono stato un po’ più fortunato nelle gare brevi, ma non credo ci sia tanta differenza. Comunque preferisco le gare normali. 

Nulla di ufficiale per lei per quest’anno. Quali sono le opzioni al momento?

Non ce ne sono molte. È un peccato: dalla seconda gara di Jerez mi avevano detto che non dovevo preoccuparmi. Che andava tutto bene per quest’anno e che avrei corso con Ten Kate con la moto ufficiale. Alla fine sono successe un po’ di cose, Ten Kate non è riuscito a firmare in tempo con gli sponsor ed al momento non sanno se continueranno. Sono in contatto con loro, è la prima opzione. Ho un ottimo rapporto con loro e con Yamaha: è dove voglio rimanere, visto che non abbiamo finito il lavoro.

Oltre a loro ci sono poche altre opzioni. Il team italiano Motocorsa, ma anche loro cercano sponsor. Con il Covid poi molte squadre si sono complicate la vita. Non è facile, ma ho sempre detto che firmerò solo se avrò materiale competitivo, altrimenti preferisco rimanere a casa e sperare che mi chiamino a metà stagione. Corro perché mi piace, ma voglio anche lottare e sapere che ho la possibilità di battagliare davanti. Se devo fare numero preferisco rimanere a casa. Spero che entro una settimana più o meno Ten Kate mi chiami e mi comunichi buone notizie. 

La BMW non è ancora una delle moto top. Che differenze noti tra queste e la Yamaha?

Credo che la BMW sia una sorpresa. Io ho girato solo con quella vecchia, ma so che è cambiata molto. Secondo me è un’ottima moto, l’unica cosa per me è che gli ingegneri non stanno lavorando abbastanza sull’elettronica. Questo fa abbastanza la differenza attualmente in Superbike, non è una cosa limitata come in MotoGP. La cosa strana della BMW è che la moto vecchia aveva un motore incredibile, quella nuova invece è una delle più lente. Anche se più veloce di Yamaha come velocità di punta, che non è il nostro punto forte. 

Com’è stato per lei viaggiare con una pandemia mondiale, facendo attenzione anche fuori dalla pista per evitare il contagio? Come l’ha vissuto dall’interno del paddock?

Il Covid è un problema per tutti gli sport. Credo che la fortuna Superbike e M0toGP sia stata avere Dorna, che ha aiutato molto le squadre ed è riuscita a mettere in piedi due campionati. Era complicato pensarlo all’inizio, poi non così tanto per noi. Le gare erano vicine alla Spagna, dove sono rimasto per tre o quattro mesi, poi in Francia ed in Portogallo. È stato abbastanza facile, l’unica cosa è che è cambiata un po’ la filosofia del campionato. Era difficile allenarsi, abbiamo perso i test ad Aragón, per poi ritrovare una doppia gara proprio lì… Lì è mancata un po’ di fortuna. 

Alla fine non è stato così complicato, io continuavo a vivere con prudenza. Quando potevo uscivo, mi trovavo con due amici in Spagna che vivono a Valencia, con Jeremy [Guarnoni, ndr] per allenarci insieme. Mi piacerebbe poter tornare alla vita sociale di prima, perché questo manca, ma non possiamo lamentarci. C’è molta gente, come ad esempio il personale ospedaliero, che sta lavorando a questo problema da un anno. Loro sono le persone a cui dobbiamo pensare quando ci lamentiamo. 

Quali sono state le sensazioni con la Yamaha a Estoril, dove non avevi mai corso con quella moto?

Una sensazione incredibile fin da subito. La moto è andata bene fin dal venerdì. Le cose poi si sono complicate per un mio errore in Superpole e, quando cadi in questo turno, il fine settimana diventa difficile. La R1 è una Yamaha con cui devi partire partire davanti, è più complesso rimontare per la mancanza di velocità di punta. Non è facile quindi superare, molto meglio essere davanti e impostare il ritmo come ha fatto Toprak. Un vero peccato, venerdì avevo un ritmo incredibile ma non sono riuscito a sfruttarlo. È stato anche un finale di stagione complesso: ogni settimana avrei dovuto firmare il contratto e non è mai successo, ci sfuggiva e non era una cosa che dipendeva da me. Quando ho capito che anche Ten Kate era in dubbio, mi è un po’ passato di mente. Ma non è stato nemmeno un disastro, visto che a Magny-Cours ed a Barcellona mi sono divertito molto. 

Montmeló era un altro circuito nuovo del 2020. A molti piloti è piaciuto. Ti piacerebbe che rimanesse in calendario? 

È davvero un bel circuito e spero di salire sul podio anche lì. Certo mi diverto e mi piace andarci, ma non è mai stata una delle mie piste preferite. Forse dipende anche dalla moto. Se continuiamo con la Yamaha preferirei non andarci, pensando al rettilineo, ma se avessi un’altra moto mi piacerebbe tornare.

Parlando del mondiale, Jonathan Rea è inarrestabile. L’arrivo di Redding era promettente, ma si è perso per strada. Cosa pensa che succederà nel 2021, considerando anche tutti i cambi di team?

Johnny è forte come sempre, ma lo è anche il pacchetto. Ma lui in primis lo è e continua a dimostrarlo. Tra i compagni di box che si è trovato (Sykes, Haslam o Lowes), nessuno gli è arrivato vicino. Sta facendo un lavoro incredibile, con Kawasaki al 100% con lui: stanno lavorando come i team ufficiali MotoGP e si vede. Anche Ducati però sta lavorando molto, Scott [Redding] è andato molto bene nella sua prima stagione. Forse senza il Covid avrebbe fatto ancora meglio. ‘Chapeau’ a Johnny, ma arriverà il giorno in cui lo batteranno e stiamo tutti lavorando per questo. Vedremo se ce la faremo a breve. 

Molti piloti attualmente devono pagare per correre, anche a livello mondiale. Che ne pensa? Cosa proporrebbe per ridurre questo problema?

Ogni anno ci sono piloti che sbagliano, alcuni che accettano di competere in squadre ufficiali incassando molto meno, quasi niente rispetto a prima, e questo abbassa il valore dei piloti. Se un pilota compete in un team factory e riceve poco, dopo è molto complicato per gli altri chiedere soldi, e devono portarne. Io non ho mai pagato per correre, nemmeno in MotoGP, ma questo mi è costato il posto in MotoGP. È difficile, però è così. Nemmeno sono piloti che mettono denaro in tasca, sono ragazzi che trovano sponsor e questi pagano per correre. Un peccato, ma in questi sport va così. È come se un calciatore pagasse per il suo posto nel Real Madrid per esempio, comprando il contratto. O se tutti quelli che lavorano pagassero per andare a lavorare. Dedichi molto tempo a questo sport, ci pensi 365 giorni all’anno, ti alleni, investi denaro per migliorare… Per me è impossibile pensare di pagare per correre una volta arrivato a livello mondiale.

La scorsa stagione MotoGP è stata molto combattuta ed interessante. Ci sono state sorprese o si aspettava il calo Yamaha e Mir campione?

La MotoGP è stata molto interessante, ma anche molto strana. Con la lesione di Marc [Márquez] molti hanno visto la possibilità di vincere il mondiale. Anche piloti che all’inizio lo credevano perso, come Alex Rins ad esempio. Per me è stato uno dei più rapidi quest’anno: si è infortunato a Jerez e ha perso due gare, pensava fosse tutto andato, invece è risalito ed è tornato in lotta. È stata una stagione strana, ma anche interessante. Sempre dico che il campione è il campione, quello che ha fatto il lavoro migliore con ciò che aveva, e Joan Mir l’ha fatto meglio di tutti. Quindi ‘chapeau’ a lui.

Se fossi Márquez, avresti provato a disputare Jerez-2? O saresti rimasto a casa per recuperare?

Anche per Marc ora è facile dire che avrebbe dovuto fare così o così. Quando ti operano, la prima cosa che chiedi è quando tornerai in sella. In seguito è il personale medico che deve dirti cosa fare. Credo però che a volte si debbano tenere a mente due cose: il dolore e se la lesione può peggiorare. Fossi stato Marc, dopo l’intervento avrei chiesto se sarebbe stato grave salire in moto, dicendo di non preoccuparsi del dolore, ma se può succedere che si rompa la placca. Se hanno detto di no, hanno sbagliato loro. Se sei sicuro al 100% che non succeda niente, tutti avremmo provato. Certo, poi guardi la stagione e dici ‘avrebbe dovuto rimanere in casa’ e partendo dalla terza o quarta gara sarebbe stato lo stesso campione. Ora è facile dirlo, a Jerez nessuno avrebbe pensato a così tanti problemi per Fabio [Quartararo] come quelli che ha avuto in seguito. 

Foto: loris-baz.com

L’articolo originale su motosan.es

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