2 Ottobre 2018

Ana Carrasco regina: il Mondiale in rosa fra sogno e sospetti

La spagnola ha vinto il titolo della SSP300 per un punto. "E' dura per tutti, per una ragazza di più". Ma gli avversari mugugnano...

Una volta le ragazze nelle corse erano perle rare, facevano colore. Qualcosa cambiò a fine Anni ‘80, quando nel Motomondiale approdò una finlandese dal nome dolce, Taru Rinne, non solo carina, ma anche velocissima. Nell’88, in Francia, fu la prima donna ad andare a punti nel Motomondiale, con il 14° posto nella classe 125. L’anno dopo, a Hockenheim, firmò il suo miglior risultato in carriera, settima. Poi un brutto incidente la costrinse alla resa.

PINK POWER – Adesso il rosa nelle corse è quasi normale, alle donne non basta più partecipare. Vincono. Ana Carrasco, spagnola di 21 anni, domenica in Francia ha conquistato il Mondiale Supersport 300, la categoria d’accesso della Superbike. Battendo un esercito di ragazzi di belle speranze che sperano di diventare Jonathan Rea (4 Mondiali di fila) ma intanto hanno preso paga dalla minuta ragazzina di Murcia.

TESTARDA – Un anno fa, a Portimao, era stata la prima donna a vincere una gara iridata nelle moto, sempre con la SSP300. A qualcuno era sembrato un colpo irripetibile, invece in questa stagione la Carrasco li ha messi tutti in riga. Ha trionfato su due tracciati da piloti veri, Donington e Imola, e nella gara decisiva (pur partendo 25°) ha stretto i denti e alla fine è stata premiata dalla fortuna: ha acciuffato la corona per un punto, finendo 13° e approfittando del ritiro del rivale Scott Deroue. Ana, la predestinata. Ha cominciato a correre a soli 3 anni. Una vita tutta scandita dal rumore di una moto, un po’ come Marc Marquez. Appena raggiunta l’età, 14, debutta nel massimo campionato nazionale spagnolo e in sole due stagioni si guadagna il passaporto per il Mondiale Moto3. Debutta in Qatar, nel 2013, e a fine anno firma il miglior piazzamento: 8° posto. Le due annate successive però sono piene di infortuni e guasti che le costano il posto. Sembra la fine. Dopo una stagione anonima nel CEV Moto2, nel 2017 riparte  dalla 300. Una scelta azzeccata: la stoffa c’era, bastava solo l’opportunità. Gliel’ha data la Kawasaki, affidandola ad una struttura tecnica di primissimo ordine: il motorista è lo stesso che segue Jonathan Rea e anche l’organizzazione è contigua.

MUGUGNI La supremazia tecnica di Ana ha sollevato anche qualche mugugno, con gli avversari (piloti e Case) che hanno messo in dubbio la regolarità della sua moto, facendo notare che fosse difficile capire come in alcune piste facesse il vuoto e in altre finisse in fondo. Ma i commissari tecnici hanno assicurato come tutto fosse in ordine. Il trionfo mondiale ha destato un’ eco così grande che ha oscurato perfino il poker iridato di Rea. In queste ore, in Spagna, la Carrasco sta facendo il giro dei talk show e domenica da Sochi, in Russia, anche molti piloti di F.1 hanno twittato i loro complimenti.

SOGNO «E’ stata durissima arrivare in cima, ho sofferto tanto, temendo che per infortuni e problemi vari (economici, ndr) non potessi avere più opportunità — racconta Ana —. Invece eccomi qua: il mio sogno di bambina è diventato realtà e io, lo ammetto, un po’ ci ho sempre creduto. Ho trovato tanti ostacoli sulla strada, perché sfondare è difficile per tutti, ma per un ragazza ancora di più». E gli avversari che non ci credevano? «Mi vorrei congratulare con ciascuno di loro, sono stati grandi rivali e hanno reso le cose difficili fino alla fine».

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