15 Marzo 2022

Maledizione Daytona: Ducati letteralmente a secco

Ducati e la 200 miglia di Daytona, una storia tormentata: sabato l'ennesima delusione con Herrin rimasto a secco di carburante dopo la pole. Le cause di questa mancata vittoria in Florida.

Maledizione Daytona: Ducati letteralmente a secco

Sabato scorso a Daytona tutto sembrava apparecchiato per un trionfo rosso. Venerdì la superlativa pole position a firma Josh Herrin, una Panigale V2 955 pronti-via estremamente competitiva, la presenza fissa sotto la tenda Warhorse HSBK Racing Ducati New York di Paolo Ciabatti ed Eraldo Ferracci, due che oltreoceano sono più che “di casa”. Inutile girarci intorno: si respirava l’atmosfera di un potenziale e storico successo Ducati alla leggendaria 200 miglia della Florida. Vero: a Daytona tutto può sempre succedere. Mai dire mai. Per la tipologia e la natura stessa della gara, spesso e malvolentieri il preannunciato favorito in corso d’opera si rivela come il primo sconfitto in gara. Se vogliamo, sabato a Daytona è andata proprio così. Con la Ducati rimasta a secco per, ufficialmente, un “errore di calcolo“. Qui sotto il video dell’episodio.

DUCATI A SECCO

Arriviamo al punto. In prossimità della prima di due soste ai box previste per rifornimento ed eventuale cambio-gomme, la V2 di Herrin resta con poche gocce di benzina. A stento il vincitore dell’edizione 2010 riesce a rientrare ai box, perdendo tanto, troppo nel tragitto dalla Chicane alla pit lane. Oltretutto, una volta effettuata (finalmente) la sosta, si presentano problemi di avviamento. Il risultato? Dalla lotta per la vittoria a sostanzialmente un giro perso, scivolando così al decimo posto finale.

LE CAUSE

La squadra, attesa protagonista quest’anno anche del MotoAmerica Superbike schierando l’attesissimo Danilo Petrucci, non si è inventata scusanti per quanto accaduto. Ufficialmente e pubblicamente, il team Warhorse HSBK Racing ha motivato il fattaccio per un “Errore di valutazione sul consumo del carburante“. Palese, oltretutto. Non sono stati gli unici, aggiungiamo. Danny Eslick, a caccia della personale quinta affermazione alla 200 miglia al pari di Scott Russell e Miguel Duhamel, suo malgrado è stato vittima del medesimo disguido. Un errore compiuto dal TOBC Racing che sa come si vince la 200 miglia. Non più tardi proprio sabato scorso, con l’altra (giovane) punta Brandon Paasch. Forse la gestione di due piloti ha causato questo errore in casa Triumph TOBC, ma non giustifica alcunché.

CHANCE DI VITTORIA

Discorso similare al box Ducati HSBK dove, tuttavia, c’era il solo Josh Herrin da gestire. Al primo via, partito con le Dunlop di mescola più dura, ha combattuto per stare nel gruppo di testa. In seguito all’esposizione della bandiera rossa, al restart è stata scelta la mescola più morbida, trovandosi più a proprio agio tanto da non incontrare particolari difficoltà nel restare costantemente là davanti. Herrin è particolarmente votato al “corpo-a-corpo” e, assecondato da un’efficacissima Panigale V2, prima di restare a secco era là davanti, a confronto con l’altro sventurato Eslick e con il futuro vincitore Paasch. Forse il ritmo forsennato ha comportato un consumo eccessivo di carburante. Sarà, di certo la sosta al 19° giro era prevista, lo testimonia il cenno di intesa dello stesso Herrin nei confronti del proprio box nella medesima tornata.

MALEDIZIONE DAYTONA

Guardando il bicchiere mezzo pieno, le potenzialità espresse dal binomio Herrin-Ducati lasciano ben sperare in vista del prosieguo di stagione nel MotoAmerica Supersport. Tuttavia, ripensando al recente passato, si ripropone il “tabù-vittoria” per la casa di Bologna a Daytona. Di 80 edizioni finora disputate, ne ha vinta soltanto una: la rocambolesca 200 miglia del 2011, con Jason DiSalvo e la privatissima 848 EVO del Latus Motors Racing. Per il resto, tante occasioni sfumate, alle volte proprio sul più bello. Emblematici due episodi precedenti che bruciano ancora. Proprio come Herrin sabato, in entrambe le circostanze partendo dalla pole. Nel 2000 un illustrissimo rookie del calibro di Troy Bayliss lottò ad armi pari con Mat Mladin (Yoshimura Suzuki) e Nicky Hayden (American Honda), fino ad un’improvvisa scivolata. Non andò meglio nel 2004, con Eric Bostrom e la 999 del team Ducati Austin formidabile nelle prove ed all’avvio, fino ad un problema presentatosi proprio in concomitanza con la prima sosta.

NOMI LEGGENDARI PER DUCATI A DAYTONA

Tra Ducati e Daytona c’è sempre stato questo rapporto tormentato. Per l’azienda negli anni ’90 la 200 miglia era una gara da vincere, a tutti i costi, tanto da schierare il top in termini di risorse tecniche ed umane. Con le Ducati di riferimento hanno tentato l’assalto alla 200 miglia nomi altisonanti del calibro di Doug Polen (battuto nel 1992 in volata da Scott Russell), Troy Corser e Carl Fogarty (secondi rispettivamente nel 1994 e 1995), addirittura Freddie Spencer, Anthony Gobert, Ben Bostrom, il già menzionato Troy Bayliss più Scott Russell. Un dato statistico testimonia come sia stato un effettivo tabù: 6 pole position in 10 anni dal 1991 al 2001 con Picotte, Polen, Corser, Bayliss e Gobert, ma zero vittorie. Con la regolamentazione “Next Generation Supersport”, Ducati ci riproverà l’anno prossimo. Nel frattempo, c’è la sfida MotoAmerica Superbike con Danilo Petrucci, a cui spetterà il compito di riportare un titolo nell’ex AMA che manca alla casa di Borgo Panigale da 28 anni a questa parte.

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