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25 Luglio - Paolo Gozzi

Superbike: Per il rilancio servono eventi come Brands Hatch. A meno che…

Superbike, basta osservare queste foto per capire che rilancio del Mondiale ha poco a che fare con il regolamento tecnico. Le priorità sono altre. Riportare in calendario i circuiti dove si è scritta la storia sarebbe il primo passo.

SUCCESSO – Guardate bene queste immagini: è quanto è successo lo scorso week end, quando a Brands Hatch ha gareggiato il Campionato Inglese. Un pubblico fantastico (ben oltre i 50 mila attesi dagli organizzatori), entusiasmo alle stelle, invasione nel paddock e nei box. In aggiunta concerti, divertimento, calore. Non ultimo, anche due gare cambatuttissime e ricche di colpi di scena. Quando fai correre dei buoni talenti su un tracciato ultra spettacolare, molto “old style”, è scontato che venga fuori uno show coi fiocchi. Il BSB è un eccellente campionato, gestito benissimo, con buoni piloti. Ma immaginate che gare sarebbero venute fuori se fossero stati in pista Rea, Davies, Melandri, Sykes. Magari a doversela vedere con i migliori 4-5 protagonisti nazionali: Byrne, O’Halloran, Iddon, Haslam, Hickman. C’è da leccarsi i baffi solo al pensiero. Non è fantascienza, è quello che succedeva ai “vecchi tempi”…

RICORDI – Brands Hatch è a soli 30 chilometri dal centro di Londra e per anni lì il Mondiale ha fatto affluenze oceaniche. La prima volta fu nel 1993. Nel diluvio Giancarlo Falappa prese il volo e dette quasi un giro a tutti . Carl Fogarty, che ancora non era King, si frantumò una spalla per non perdere la faccia. La Superbike ha gareggiato sul saliscendi del Kent  ininterrottamente dal 1995 al 2008. Il sogno si interruppe perchè ad un certo punto la torta diventò così grossa che l’allora gestore Maurizio Flammini e il proprietario del circuito, il miliardiario ex pilota di F1 Jonathan Palmer, non si trovarono più d’accordo. Poco male, per Brands Hatch: di lì a poco Palmer rilevò il controllo del British Superbike, che nel frattempo era finito a picco sotto la gestione Dorna, e il circuito di famiglia è diventato il fulcro del calendario. Ci fanno tre gare su dodici: una in primavera, il big event in estate (in quella che era più o meno la data del Mondiale…) e il gran finale a ottobre, con tre manche finali che con il sistema dello showdown diventano decisive: nei tre appuntamenti finali i primi sei della classifica ripartono da zero e anche chi è stato sotto tono in “regular season” può vincere il titolo. Regole semplici, successo assicurato.

SICUREZZA – Dorna sostiene che Brands Hatch sia fuori scala in termini di sicurezza. Certo, è una pista vecchio stampo. In alcuni punti le barriere sono vicine e nello scorso week end la BMW di Jakub Smrz è carambolata oltre le barriere della prima curva, restandovi appesa. Laguna Seca è tanto meglio? No, forse è anche peggio. Per non parlare di Imola…I promoter vanno a correre dove fanno affari, è sempre stato così. Il problema è che a Brands Hatch, la Dorna non potrebbe mai imporre le sue regole, dovrebbe sottostare a quelle di Palmer e della sua MSV. Non stavano più bene a Flammini, che pur di fare concorrenza alla MotoGP avrebbe corso anche nel parcheggio dell’Eur, figuriamoci agli spagnoli. Per cui: Brands Hatch resterà un sogno. A meno che…

FANTASCIENZA – Immaginate che a Palmer i confini d’Oltremanica comincino a stare stretti. Il BSB va già in trasferta ad Assen, in Olanda, per altro facendo il pieno anche lì. Che succederebbe se MSV, cioè il promoter del British, aggiungesse altri 2-3 round “internazionali” in giro per l’Europa? E come si metterebbe se la stessa MVS riuscisse a convincere qualche squadra (o anche qualche Costruttore…) a correre nel BSB e rinunciare al Mondiale? Coi soldi (e gli inglesi li hanno…) si può fare tutto.  Dorna deve cambiare strategia velocemente, e non parliamo di regolamenti tecnici. Deve ridare un’anima e un “carattere” al Mondiale. Molto in fretta. Sempre che lo voglia/possa fare, visto che gestisce anche la MotoGP. Il vero problema, in ottica Dorna, è che  tra non molto potrebbe essere tardi…