17 Marzo 2016

EWC Gianluca Vizziello “Vado con Kawasaki, vinco e torno”

L’originario di Policoro passa dal CIV al Mondiale Endurance. Con Kawasaki Bolliger, un team che punta a risultati importanti

Sedici anni di gare, quasi il cinquanta per cento della sua vita, e ancora l’entusiasmo dell’esordiente. Sarà questo il segreto di Gianluca Vizziello? Non lo sappiamo, ma bisogna dire che qualcosa a spingerlo ad andare avanti nonostante la sfortuna c’è, e non sembra estinguersi. Noi di Corsedimoto siamo andati ad intervistarlo il giorno in cui è stata apposta la firma con il Team Bolliger Kawasaki, uno dei team privati ma di tutto rispetto che partecipano all’Endurance World Championship.

Più di quindici anni di corse su 36 totali. La passione è sempre la stessa?

“Anche di più! Io sono uno di quei motociclisti che se resta senza moto diventa matto, essere su una moto da corsa mi fa sentire un Dio!”

Sei abituato a correre nei campionati internazionali ma la formula endurance è molto diversa da quello che hai affrontato fin’ora. Come pensi di prepararti?

“Io ho iniziato  a 16 anni, con il trofeo SZR 660, poi mi sono spostato nel 2000 alle 600 quattro cilindri e da allora non le ho lasciate. Adesso ovviamente la situazione cambia ma non cambia la mia preparazione, corro tanto e mi piace fare motocross oltre ad avere un alimentazione controllata, anche se di recente sono diventato un buongustaio! La cosa importante nell’Endurance è essere costante e lucido, non sempre passare il pilota davanti è una buona idea, quindi l’allenamento non differisce molto.”

vizzi 3I risultati nel CIV parlano da soli, ma anche il secondo posto nella Coppa del Mondo Stock del 2004 è un bel risultato. Cosa pensi ti sia mancato per essere il primo assoluto?

“La fortuna. Ogni volta che mi giocavo il titolo ho avuto un problema tecnico, una volta al motore e una volta ad un cablaggio che mi ha tradito. Nel mondiale mi sono giocato il titolo mentre correvo con le Pitbike nel paddock contro Ringo e Di Pillo, li è stata colpa mia! Idem per il CIV, dove sono stato squalificato per il colore delle pinze freno che erano rosse e non grigie. In quel caso la moto era quella con cui aveva corso Sofouglu a Magny Cours, quindi teoricamente doveva essere omologata retroattivamente visto che veniva dal mondiale…

Dopo l’incertezza durata l’inverno, come ti sei sentito quando Hanspeter Bolliger  ti ha telefonato con questa proposta?

“Io pensavo fosse uno scherzo! La sera prima eravamo usciti io e un mio amico e ci siamo messi a parlare con una ragazza, pensavo fosse il suo ragazzo geloso! Poi invece ho capito che era veramente Bolliger e siamo stati 20 minuti al telefono per capire come organizzarci. Se devo essere sincero ancora non ci credo!”

Quanta differenza c’è tra la tua moto e quella ufficiale del team Kawasaki SRC? Quanto questo può influire sul risultato?

“Non molta, non è la potenza assoluta quello che serve nel mondiale Endurance. Tre anni fa correvo con la Yamaha, da decimo ero riuscito ad arrivare alla terza posizione dopo aver fatto il doppio turno e a meno di un minuto dalla fine della gara si è rotto il motore. Volevo morire! No, nell’EWC le cose importanti sono il gioco di squadra e la gestione della gara. Bisogna riflettere sulla distanza, non sul mezzo secondo che il singolo pilota può tirare fuori. In un cambio gomme puoi perdere anche sette-otto secondi per un inconveniente, quindi non è la prestazione assoluta della moto che cambia le cose. Certo che comunque non si può nemmeno andare piano eh!”

Domanda delicata: com’è stato tornare in pista dopo l’incidente di Doriano Romboni?

“Sarà che io sono un cattolico credente, ma a me la forza sulla moto me la da proprio Doriano. Per me era come un fratello, è stato lui a mettermi sulla moto e penso che lui non vorrebbe che smettessi per una cosa del genere. A Misano, durante la gara del CIV, nel sabato sera me lo sono sognato e ne ho parlato la domenica mattina con la moglie, dicendogli ‘Oggi vinco’. Beh, quella domenica ho vinto (con la BMW, nrd) Sono riuscito ad andare avanti grazie a questo e grazie al mondo delle corse, che mi è stato molto vicino. Il nostro è un mestiere pericoloso, e queste cose capitano, ma sono sicuro che Doriano non vorrebbe che smettessi per questa cosa.”

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