8 Dicembre 2018

Superbike, solo 18 al via: nel 1989 in Ungheria provarono in 77

Il Mondiale è diventato un affare per pochi. In passato la partecipazione era da record. Ecco quanto, e perchè

E con Jordi Torres accasato con il Team Pedercini siamo a 18! Meno male, perché il 17 non è un numero gradito dalla cabala. Ma è proprio una miseria, lasciatemelo dire. Gli appassionati più recenti al mondo Superbike sono abituati ad un elenco degli iscritti non proprio affollato, ma insomma, almeno la ventina di solito si superavano, anche in questi tempi di vacche magre.

CARICA DEI 102 – Ma quelli più datati e che, a dispetto dell’età, hanno ancora qualche neurone funzionante e ricordano che una volta nel  Mondiale Superbike gli eliminati dopo le qualifiche erano più numerosi degli ammessi alla gara. C’erano round ai quali partecipavano settanta-ottanta piloti, cosicché le qualifiche si traducevano in una battaglia all’ultimo sangue, non troppo dissimile dalla gara vera e propria. Reggetevi forte: 1989 Hungaroring, 77 piloti presero parte alle qualificazioni e le iscrizioni pervenute all’organizzatore erano state addirittura 102! In quell’epoca era la norma: nella stagione 1992 provarono in 72 ad Albacete, 69 a Donington, 66 ad Hockenheim. Perfino nella remota Australia la Superbike faceva il pieno: sempre in quell’anno a Phillip Island girarono in 43.

VITTIME ILLUSTRI – E’ vero, fra gli iscritti non erano certo tutti campioni, ma se andiamo a leggere i risultati  possiamo vedere che fra i non qualificati non troviamo solo dei Carneade qualsiasi. Ma anche  piloti del calibro di Massimo Meregalli, Martin Wimmer, Fabrizio Furlan, Gianmaria Liverani, James Whitham, cioè gente che ha vinto gare mondiali, che è partita in prima fila o ha conquistato titoli nazionali, segno evidente che la qualificazione bisognava sudarsela!

DISTACCHI – Ed anche oggi, non me ne vogliano i piloti ammessi al World SBK 2019 verso i quali ho il massimo rispetto, indipendentemente dal loro palmarés, ma non sono tutti tutti dei campionissimi. Se nel 1994 ad Hockenheim, ancora nella configurazione di 6792 metri, con 5 secondi di distacco dalla pole ti ritrovavi al quarantesimo posto e non qualificato, oggi sui quattro chilometri e mezzo di Portimao l’ultimo dei qualificati, ventesimo, paga poco meno di 4 secondi da Rea.  E’ un distacco che all’epoca, su una pista lunga una volta e mezzo abbondante, ti avrebbe piazzato oltre la trentesima posizione.

DESERTIFICAZIONE – Cos’è accaduto per portare a questa “desertificazione” del pianeta Superbike? Intanto all’epoca le iscrizioni erano in pratica accettate in toto, compatibilmente alla capienza indicata dall’omologazione dei circuiti. Più tardi sono stati inseriti i team permanenti, in quanto i forti investimenti che il campionato richiede non potevano venire vanificati da una possibile mancata qualificazione; ma le griglie sono comunque rimaste sempre vicine al massimo della capienza. Nel 2003 è stato introdotto il regime di monogomma, e questo ha allontanato tante partecipazioni occasionali – le wild card – di piloti locali in quanto nei vari campionato nazionali di solito l’equipaggiamento degli pneumatici è in regime di concorrenza, per cui anche questo è stato un fattore che ha contribuito alla rarefazione delle griglie.

STRADA SBAGLIATA – Infine, dopo il cambio della gestione del campionato, abbiamo assistito ad una serie di scelte sportive e promozionali non sempre facilmente comprensibili dall’esterno. Tuttavia gli appassionati rispondono ancora al fascino, più o meno bugiardo, della “moto di serie”, ma siamo certi che in molti paesi, storicamente interessati alla Superbike ed oggi disertati dal circus mondiale, la presenza in gara di un nutrito gruppo di piloti locali potrebbe riaccendere violentemente quel fuoco che oggi langue sotto le ceneri.

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