24 Febbraio 2018

Superbike Phillip Island: 12″ più veloci, il regolamento non funziona

Ducati e Kawasaki, le più penalizzate dalle nuove norme, hanno migliorato il tempo gara di 12 secondi...E gli altri sono sempre lontani

La vittoria senza appello di Marco Melandri e della Ducati è stato un inizio perfetto per il Mondale Superbike 2018. Non ci sono stati grandi sorpassi, ma il duello di testa è stato palpitante. Ma tutto questo non deve e non può far passare in secondo ordine il tema di giornata: la rivoluzione regolamentare che intendeva limitare il potenziale di Kawasaki e Ducati per far avvicinare le altre quattro Marche presenti è, al momento, un flop clamoroso.

SUPER RECORD – Phillip Island è un tracciato particolare, i confronti cronometrici vanno presi con le pinze ma questo è veramente clamoroso: Melandri ha abbassato il tempo totale sulla distanza (22 giri) di 12 secondi rispetto al 2017. Jonathan Rea aveva vinto gara 1 un anno fa in 33’52″290, e nella seconda aveva replicato la prestazione quasi al centesimo: 33’52″785. Stavolta Melandri ha impiegato 33’40″354. Per cui il confronto è facile: Tom Sykes è arrivato a 1″180 dall’italiano, quindi entrambe le Marche più direttamente impegnate in Superbike hanno compiuto lo stesso, colossale progresso. E dire che alla Kawasaki hanno tolto ben 1100 giri/motore, alla Ducati (almeno) 600: gli attuali limiti sono infatti rispettivamente 14.100 e 12.400.

RITARDO – La Yamaha nel 2017 aveva sfiorato il podio, con Alex Lowes finito due volte quarto: in gara 1 pagando 1″062 a Jonathan Rea, nella seconda 956 millesimi. Stavolta lo stesso è finito a 17 secondi. Altro parallelo facile facile: Ducati e Kawasaki sono andate avanti oltre mezzo secondo a giro, la Yamaha è andata complessivamente cinque secondi più piano di un anno fa. Identica la situazione anche in campo Aprilia: Eugene Laverty non solo è arrivato ottavo come in gara 1 del 2017, ma ha impiegato più o meno lo stesso tempo. Nel 2017 aveva preso 12 secondi da Rea, stavolta 24. Aritmetico.

E ADESSO? – Il conteggio dei distacchi torna alla perfezione. Quello che proprio non si capisce è il criterio ispiratore di questa rivoluzione che non piace ai tecnici e che gli appassionati non capiscono. Non per colpa loro: perfino i project leader di Ducati e Kawasaki non sanno ancora con precisione cosa potrà succedere da qui ad ottobre. Quello che invece hanno capito benissimo è come far andare ancora più forte le loro moto coi motori che girano più in basso. Con tanti saluti ai team “indipendenti” (privati evidentemente suonava brutto…) ancora più distanti di prima dalle posizioni che contano.

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1 commento

  1. Katana05 ha detto:

    Se Yamaha e Honda stanno in SBK solo per fare presenza i risultati non possono essere che questi. E’ inutile continuare a puntare il dito contro regolamenti (che sono uguali per tutti) e federazione: chi continua a perdere terreno perchè ha la testa in un altro campionato può incolpare solo se stesso.