21 Marzo 2022

Storie di Superbike: la nuova vita di Walter Tortoroglio

Per alcuni anni Walter Tortoroglio è stato uno dei ragazzi più veloci del giro Superbike. Ha smesso nel 2008 e adesso corre nell'ultracing, gare da 775 km in bici. "Si resta piloti per sempre"

Walter Tortoroglio, Superbike

Walter Tortoroglio ha sempre amato le sfide impossibili. Nel 2003 partecipò al Mondiale Superbike con una squadra privatissima mentre oggi gareggia nell’ultracycling, una specialità del ciclismo con gare di 775 chilometri, e 11mila metri di dislivello, in tappa unica. Tortorix, in pratica, pedala per oltre 31 ore consecutive con soste di pochissimi minuti. Il mese prossimo parteciperà alla “Race across Italy”, la gara di ultracycling più famosa in Italia con partenza a Teramo e scalata del Gran Sasso. In questa specialità si corre da soli, come nelle tappe a cronometro e come nelle vecchie Superpole del Mondiale Superbike.   

Walter Tortoroglio ha gareggiato in moto per 15 anni. Ha partecipato per 4 stagioni al Mondiale Supersport ed è stato vice-campione della Coppa del Mondo Superstock 1000 nel 2001 e nel 2002. È approdato poi, senza fortuna, al Mondiale Superbike per poi tornare in Supersport. Nel 2005 è rimasto vittima di un grave incidente a Monza. Ha cercato di tornare a gareggiare nei campionati nazionali ma non era più quello di prima e nel 2008 ha lasciato definitivamente il motociclismo.  

“Ho iniziato a correre a 15 anni ed ho smesso a 30 – ricorda Walter Tortoroglio – penso tutti i giorni alle moto, mi mancano! Ero riuscito a trasformare la mia passione in un lavoro. È stato molto triste dover smettere per un incidente, avrei voluto continuare ma praticamente avevo perso il deltoide di una spalla e non ero più in grado di guidare una Superbike. Purtroppo tanti piloti hanno dovuto abbandonare per degli infortuni, il rischio è insito nel motociclismo”.

Diamo uno guardo al passato. Cosa ti è rimasto maggiormente nel cuore?

“Nel 1996 vinsi il Campionato Italiano 125 Sport Production ed era considerato un trampolino di lancio per tutti i piloti. Prima di me lo avevano vinto Max Biaggi, Valentino Rossi, Roberto Locatelli… Per me era già un sogno. Io vivevo un piccolo paesino microscopico in provincia di Cuneo e praticamente non avevo mai visto nulla. A 21 anni presi per la prima volta un aereo, per andare a gareggiare a Laguna Seca nel Mondiale Supersport. Ricordo ancora l’emozione di trovarmi in aeroporto e vedere sul tabellone San Francisco. I ragazzi di oggi sono abituati a viaggiare ma per me era qualcosa d’ incredibile”.

Ti sei classificato per due volte secondo in Coppa del Mondo Superstock 1000. Cosa provi ripensando a quei momenti?

“Nel 2001 gareggiavo con la Suzuki del GSX1000 e persi il titolo per appena 5 punti. L’anno dopo decisi di andare a correre con la Honda CBR900 e chissà se era stata la scelta giusta così come quella di partecipare poi  al Mondiale Superbike con la squadra più piccola in assoluto. Alle gare extra europee, per ridurre i costi, portavano meno uomini possibili e così dovevo fare un po’ di tutto. Scendevo dalla moto, prendevo il carrellino delle gomme e andavo a prendere gli pneumatici”.   

Dalle moto sei passato poi alle bici

“Mentre ero pilota correvo in bicicletta per allenarmi. Verso i 40 anni ho conosciuto questa nuova specialità. Mi alleno in pausa pranzo e di domenica. Gareggio per il team Ciclismo DiVino e durante la gara di 775 km mi assiste mia moglie Chiara, il meccanico Costanzo Torto ed il presidente della squadra, nonché fisioterapista, Leonardo Piano. L’anno scorso mi sono classificato 8° ed ora spero di fare meglio. Lo spirito competitivo c’è sempre: si resta piloti per tutta la via”.

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