28 Febbraio 2023

Stefano Caracchi “Ero un pazzo senza budget con una passione immensa”

Stefano Caracchi racconta la sua storia. Figlio d'arte, pilota e Team Manager. Ora si occupa di arte ma le moto sono sempre presenti

Stefano e Rino Caracchi

Una sana follia. Stefano Caracchi ha eredito l’amore per le moto da suo padre. Rino Caracchi, Giorgio Nepoti e Franco Farnè hanno scritto la storia della Ducati. Hanno giocato d’anticipo sui tempi e con NCR hanno gettato le fondamenta degli attuali successi della Casa di Borgo Panigale. Il leggendario trio oggi non c’è più ma Stefano ne mantiene vivo il ricordo al Rino’s Garage, un museo dedicato a Rino Caracchi.

Ho aperto la Galleria “212 – Dueunodue” al centro di Bologna – racconta Stefano Caracchi a Corsedimoto – E’ uno spazio espositivo in cui facciamo mostre d’arte, pittura, scultura, foto… Qui c’è un ampio spazio dedicato a mio padre. Le moto d’epoca si sposano quindi con l’arte.

Facciamo un passo indietro di oltre cinquant’anni.

Mio padre assieme a Giorgio Nepoti e Rizzi, crearono un’officina meccanica. Di giorno lavoravano come meccanici e di notte costruivano le moto da corsa. Erano un gruppo di amici, super appassionati, dei folli. Lavoravano alle moto da gara completamente gratis, prendevano giusto un rimborso delle spese vive. Con loro c’era Franco Farnè che era veramente un genio. Io avevo la squadra corse praticamente in casa”.

Impossibile non innamorarsi del corse e così sei diventato pilota…

Ho iniziato gareggiare nel Motomondiale nel 1982 in 125 poi sono passato alla 250 ed ha fine carriera ho gareggiato in Superbike. Ai miei esordi ancora non esisteva il Mondiale Superbike. Se ci fosse stato avrei corso sempre in SBK, fin dagli esordi”.

Chi era Stefano Caracchi pilota?

“La mia carriera di pilota è stata una ricorsa alla moto migliore, con pochissimi mezzi che avevo a disposizione. Quando ero in 250 io avevo comprato una Honda da 20 milioni di lire mentre per correre un una ufficiale la si prendeva a noleggio a 200 milioni quindi si capisce già da questo dato la differenza. I privati non potevano neppure permettersi di sognare. Non è come adesso che i valori tra i mezzi si sono livellati e un pilota forte può fare la differenza.

Episodi curiosi?

All’epoca c’erano fino a 30/40 chilometri orari tra una moto privatissima e una ufficiale. Ricordo ancora l’omino che con la pistoletta: prendeva la velocità e strabuzzava gli occhi perché quelle della mia moto erano spesso imbarazzanti. Poi anche le gomme dei privati erano completamente diverse. Ricordo ancora che una sera rubai, si fa per dire, delle gomme ufficiali vecchie che sarebbero state buttate via. Erano state scartate da un grande team. Cancellai il nome, le misi sulla mia moto e quel giorno centrai una delle mie rare top 10 in 250. Ho corso poi fino al 1994 ma la mia ultima stagione effettiva è stata nel ’90 in Superbike. Sono comunque felice di quello che ho fatto come pilota e non ho rimpianti. Ho fatto quello che amavo ed ho sempre corso, anche senza soldi”.

Hai poi aperto il Team Team SC Caracchi.

Ero un pazzo senza budget con un passione immensa, ereditata da mio padre e dai suoi amici. Ho aperto il team e all’inizio è stato difficile. Piano piano però sono riuscito a trovare qualche sponsor anche importante. Ogni anno però si doveva ripartire da capo, trovare nuovi sponsor, piloti e meccanici. Il team era un trampolino di lancio anche per i meccanici stessi: li formavano assieme a Farné ed ai vecchi amici di mio padre. Oggi vedo in tv alcuni meccanici passati da me e mi fa molto piacere. Sono fondamentali i meccanici di talento, non basta avere i piloti forti. Eravamo un team privato ma abbiamo fatto una ventina di podi e tre vittorie e credo sia un ottimo bottino per una squadra privata”.

In tanti hanno corso per il tuo team. Chi ti è rimasto nel cuore?

“Un po’ tutti ma tre in particolare: Casoli, Nannelli e Bostrom. Nanna poi sembrava una rock star, un pazzo scatenato e una grandissima persona. Ci ha regalato delle emozioni talmente intense che siamo quasi arrivati alle lacrime”.

Perché hai lasciato?

Dopo una decina d’anni ho smesso perché era difficile riuscire a reperire sempre gli sponsor. Sono poi andato poi a lavorare in Inghilterra al BSB nel box Tommy Bridewell e con me ha ottenuto degli ottimi risultati e sono molto contento. Purtroppo in Inghilterra non ho mai lavorato con Ducati ma ho poi introdotto Tommy in Ducati e quest’anno credo possa fare molto bene. Nel 2015 sono andato in Spagna con la Vyrus. Lo slogan di Ascanio Rodrigo è “pura follia tecnologica” ma la nostra era stata una follia sportiva perché siamo andati senza soldi però ci siamo divertiti tanto ed abbiamo ottenuto dei risultati migliori delle aspettative. Ho poi aperto 212 con la Rino’s Garage, la collezione di moto Ducati dedicata a mio padre. Ho diverse idee e progetti per il futuro ma al momento preferisco non dire nulla”.

Alla luce della tua esperienza, qual è il segreto della Ducati di oggi?

Da ducatista ovviamente sono molto felice di questo periodo magico della Ducati. Ovviamente ha più soldi che in passato però bisogna anche e soprattutto essere bravi perché Honda è un colosso a livello economico però fa fatica. Credo che il segreto in ambito sportivo sia Dall’Igna, io vedo in lui quello che è stato in passato Farnè: è un vero genio. In ambito produzione lo è Domenicali, un grande e tutte le Ducati da strada ultimamente sono eccezionali“.

Foto da Cuore Desmo

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