11 Ottobre 2017

MotoGP, la tecnica: Ducati e Jack in the Box

Siamo a fine Mondiale e il mistero è ancora irrisolto: cosa ci cela nel codone della GP17? E se fosse....

La storia parte da lontano. Dai test IRTA di Sepang di fine gennaio per l’esattezza. Ducati in quella circostanza portò in pista le Desmosedici che presentavano una curiosa appendice sotto al codone, subito ribattezzata “salad box”.

MISTERO ROSSO – Luigi Dall’Igna, General Manager Ducati Corse, alle domande dei cronisti su cosa nascondesse rispose in maniera evasiva: “Di sicuro non è vuota”.  Il giornalista inglese Mat Oxley, decano della massima serie del motociclismo, tentando di indagare sul misterioso oggetto, venne scacciato lontano dal box, in malo modo, dagli uomini in rosso. Verboten ficcanasare. Una sua fonte, ingegnere di pista di un’imprecisata squadra della MotoGP, ipotizzò che la scatola nera installata sulle moto bolognesi potesse essere una sorta di giroscopio stabilizzatore. Il tecnico dichiarò che un dispositivo di questo tipo, posizionato all’estremità posteriore del veicolo in corrispondenza della linea di mezzeria, operando molto velocemente tra 80.000 e 200.000 rpm con una massa adeguata (si parla di metalli molto pesanti come il tungsteno), potrebbe smorzare l’innalzamento della ruota anteriore. Resterebbe da capire come possa funzionare su di una MotoGP, visto che per regolamento sono vietati gli ausili elettronici attivi, quindi non è chiaro come potrebbe operare l’astruso strumento.

DIAVOLERIA – Oxley piuttosto si domandava se in Ducati non si fossero inventati qualche diavoleria per aggirare — senza violarlo in alcuna maniera — il regolamento in vigore. Oxley suggerì pure una teoria particolarmente suggestiva legata alla factory emiliana. Tutto parte da una domanda: perché piazzare del peso aggiuntivo nel posto peggiore — in alto e all’estremità posteriore — di una MotoGP? La nostra misteriosa scatola, secondo il giornalista inglese potrebbe essere un dispositivo smorza-chattering. Uno strumento che contrasta la risonanza disarmonica tra pneumatico e telaio che genera una vibrazione ad alta frequenza tra gomma e asfalto. A suffragio della sua tesi, il giornalista riesuma una vecchia leggenda dei box: Marlboro team Roberts, fine anni ’80, sulla Yamaha ufficiale YZR 500 di Wayne Rainey viene installato un datalogger in posizione rialzata e arretrata, proprio sotto al codone. L’apparecchiatura è pesante (circa due kg), ingombrante e scomoda. Viene deciso di utilizzarla in prova, ma non in gara, per non danneggiare il pilota. Le prove sono un successo, Rainey “va a letto tranquillo” il sabato sera, mentre i suoi meccanici rimuovono il dispositivo. Meno peso in posizione problematica, uguale maggiore performance. Non proprio: il giorno della gara l’asso nordamericano rema come un disperato contro un chattering che rende la moto bizzosa e intrattabile. Sulle prime il team pensa a uno pneumatico difettoso, evento abbastanza comune all’epoca dato che le forniture di gomme non sempre erano di qualità uniforme. Il problema però si ripresenta pari pari nelle tre gare successive. Il datalogger perciò riapparve extrema ratio nella posizione sottocodone e il problema scompare.

PENSIONATO – Masao Furusawa, il geniale papà della Yamaha M1, in un’intervista concessa ad Akira Nishimura ricorda che pochi mesi dopo essersi ritirato dall’attività agonistica, arrivò in Italia per turismo e per incontrare due persone: Filippo Preziosi e Valentino Rossi. Siamo alla fine di agosto 2012. L’avventura di Rossi con la Ducati è al capolinea, e l’ingegnere  Preziosi, allora responsabile tecnico del progetto MotoGP per la factory italiana, è alla ricerca della soluzione ai problemi ciclistici che affliggono la moto bolognese. L’ex Yamaha sostiene di aver consigliato allo staff Ducati di non ragionare necessariamente in termini di triangoli con questo o quel vertice, oppure, parlando di sospensioni, solamente con la rigidità, quanto piuttosto di concentrarsi sulla frequenza di lavoro delle sospensioni anteriori e posteriori, in modo da armonizzarle. L’ingegnere giapponese afferma che Rossi, saputo che veniva in Italia, avrebbe fatto carte false per capire se sarebbe diventato un collaboratore, magari esterno, di Ducati. Furusawa, prima di accettare un’eventuale collaborazione bolognese, riferì la cosa ai suoi storici datori di lavoro a Iwata, che risposero alla giapponese: “Noi non possiamo impedirti di fare ciò che tu vuoi (era già in pensione), ma ci aspettiamo comunque che tu faccia ciò che è giusto.”  Il buon Masao capì l’antifona e se ne rimase nella sua Kyoto a occuparsi di altre sfide tecnologiche.

MASS DAMPER – Quindi, ieri come oggi, sembra che la parola magica sia “armonizzazione”. Riprende vita, per tornare al mistero Ducati, anche l’ipotesi che celato all’interno della scatola in fibra di carbonio si celi un mass damper; si tratta di una tecnologia utilizzata per breve tempo in Formula1 dalla Renault al termine della stagione 2005, poi vietata nella stagione successiva in quanto considerata equivalente a un ausilio aerodinamico mobile, non permesso. Bandito in F1 ma non impedito in MotoGP, il mass damper è tornato di attualità. Cosa si nasconde nel sottosella dei bombardoni di Borgo Panigale? Mass damper, giroscopio, oppure qualcosa di ancora più sofisticato? Il 5 ottobre scorso Peter McLaren su crash.net ha pubblicato un’interessante intervista a Corrado Cecchinelli, direttore tecnico del campionato MotoGP. L’ingegnere italiano, sollecitato dal giornalista, esprime dubbi sul reale vantaggio di avere un mass damper applicato a una moto, soprattutto in posizione così svantaggiosa. Non esclude completamente la possibilità che si possa fare, anche se va detto che in ogni caso dovrebbe essere un sistema meccanico, oppure meccanico-idraulico, in quanto per regolamento sono vietate tutte le soluzioni elettroniche che non siano già comprese nel software unico adottato dalla MotoGP. Unica eccezione, come vedremo, per l’unità di misura inerziale.Nel corso della lunga intervista emerge però un dato tecnico interessante: “[il mass damper] Aggiunge un maggiore controllo sul movimento della sospensione, basato sull’accelerazione. E se si regola la massa – o più normalmente l’inerzia, perché ruota – diventa particolarmente efficace nell’ammortizzare i movimenti chiave del tuo sistema specifico. Ad esempio, se la sospensione ha una risonanza di circa 10 hz, è possibile ottimizzare il mass damper, a prescindere dalla normale molla e dall’ammortizzatore.” Risonanza, armonizzazione, come nelle dichiarazioni di Furusawa.

IMU –  A proposito dell’ipotesi che dentro l’”insalatiera” si nasconda un sistema giroscopico, come ipotizzato da Oxley, Cecchinelli chiosa: “Non ne ho idea. Potrebbe anche trattarsi di una cosa simile se per “giroscopio” intendiamo un sensore di beccheggio e angolo di inclinazione, che possa essere parte di un’unità di misura inerziale più complessa e, possibilmente, migliore, in quanto sono consentite IMU (Inertial Measurement Unit) proprietarie. [L’IMU non rientra nelle regole del software unificato” Di sicuro c’è che Cecchinelli, sostenitore dell’uniformità tecnica a garanzia dell’ equilibrio del campionato, non ama i sistemi “liberi”, come le IMU proprietarie. Essendo queste unità a monte della centralina, a cui passano i dati, è assai difficile impedire che la logica di calcolo della piattaforma non possa essere “adattiva”, quindi in qualche maniera fornire all’ECU unificata dati “elaborati” su misura. Di fatto quindi si tratterebbe di un’aiuto che aggira il regolamento tecnico attuale. Il direttore tecnico della MotoGP sostiene una tesi semplice: “In teoria, l’IMU è una parte dell’ECU e quindi per me dovrebbe essere unificata.Il vantaggio principale è che sia un altro fattore che elimina il divario tecnico.Penso che al momento alcuni produttori stiano resistendo a unificare l’IMU solo perché ne hanno una migliore. E se la pensano in questo modo, probabilmente è vero”.

Vuoi vedere che sotto al codone della desmosedici si nasconde per davvero Jack-in-the- box ?

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1 commento

  1. gyruss ha detto:

    Bell’articolo, grazie