20 Novembre 2017

MotoGP: La strana storia di Xavier Simeon. Pecunia non olet?

C'è chi arriva in MotoGP per strade anomale. Il caso del pilota belga è emblematico. Ma così che top class è?

Il denaro non puzza, d’accordo. Ma quando c’è odore di bruciato, dare un’occhiatina ai soldi fa sempre bene. Tanto per stare tranquilli. L’online portoghese motorcyclesports.net ha fatto un’operazione coraggiosa, che merita di essere approfondita.

FAVOLE – In sostanza, senza giri di parole, il sito d’informazione dice una cosa che in pochi hanno il coraggio di affermare. Il re è nudo. O meglio, è povero. Ragion per cui batte cassa dai sudditi. Il caso di studio emblematico è Xavier Siméon. La favola del passaporto che interessa alla Dorna per ampliare il pubblico della MotoGP in Paesi potenzialmente interessanti per il mercato TV, è una sonora bufala. La verità è che il belga porta al Team Avintia una cospicua dote. Arriva con le tasche piene e sponsor interessanti. La sensazione però è che venga a far numero.

VALENCIA, SPAIN - NOVEMBER 15: Xavier Simeon of Belgium and Reale Avintia Racing rounds the bend during the MotoGP Tests In Valencia day 2 at Comunitat Valenciana Ricardo Tormo Circuit on November 15, 2017 in Valencia, Spain. (Photo by Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Xavier Simeon al debutto sulla Ducati Avintia

STATISTICHE – La squadra spagnola è nella top class dal 2012, la stagione migliore è stata la 2016, con un lusinghiero 9° posto finale nella classifica per team, grazie ai 139 punti ottenuti soprattutto da Héctor Barberá e in misura minore da Loris Baz. Quest’anno il ranking piange: Avintia chiude la stagione con una modesta 11a posizione, con quasi la metà dei punti ottenuti dai due piloti rispetto alla scorsa edizione. Ci si aspetterebbe per la prossima stagione un irrobustimento generale per convincere gli sponsor a suon di risultati. Magari prendendo qualche rischio, puntando su un giovane, o sulla scoperta di un talento proveniente da altre categorie. Per questo l’ingaggio di Siméon, aldilà di quanto dicano i comunicati stampa, suona un po’ farlocco. Per far quadrare i conti di un team, contano più i risultati oppure i finanziatori personali dei riders ?

PALMARES – Se la risposta appare scontata, perlomeno nel caso di Avintia, altrettanto reale è il rischio di avere un risultato falsato in pista. Così come appare sempre meno credibile che la Moto2 rappresenti davvero la porta d’ingresso alla massima serie. La fucina dei talenti diventa piuttosto il mercato nel tempio. Per buona pace di quelli forniti dalla natura di talento, ma poveri di mezzi. Restiamo su Siméon: non abbiamo nulla contro il belga, però una vaga impressione di supervalutazione c’è. Xavier ha vinto in carriera un europeo Superstock600 nel 2006, la Superstock1000 nel 2009, mentre in Moto2 ha conquistato quattro podi tra cui una vittoria in Germania nel 2015, ha ottenuto due pole e un giro veloce. Stop. Tutto questo dopo aver disputato 127 gare nella middle class, dal 2010. Quest’anno ha chiuso la stagione in 23a posizione, dietro Isaac Viñales. Viene spontaneo chiedersi se in MotoGP ci si possa arrivare anche per anzianità, oltre che per meriti o per censo. Non scopriamo l’acqua calda affermando che il motorsport è un affare costoso; credere alla favola delle squadre che stanziano budget importanti scommettendo solo su giovani promettenti sarebbe come ammettere di vivere nel Paese dei campanelli. Però è altrettanto evidente che se passa il concetto che le griglie della MotoGP sono formate da nove piloti di serie A e per il resto da riempigriglia senza nessuna possibilità, è la credibilità stessa di tutto il sistema a perderci. Forse è proprio di questo che Dorna dovrebbe preoccuparsi.

SCELTE – Non è una polemica sterile: Johann Zarco, tanto per dire, ha ribadito più di una volta che è preferibile regnare all’inferno, piuttosto che servire in paradiso. Inutile andare in top class se non puoi giocartela, meglio restare in Moto2. Chi ha fatto il contrario è stato Eugene Laverty: il nordirlandese prima di ritornarsene in Superbike ha dichiarato, senza giri di parole, i che in MotoGP se non sei in una squadra di vertice, puoi fare al massimo il comprimario. Visto che il promoter spartisce una parte dei proventi ricavati dai diritti TV con i team per avere una griglia rimpolpata, il pubblico televisivo potrebbe anche desiderare una competizione “vera”, cioè tra i migliori. Non uno show con sei o sette attori e il resto a far comparsa.

ASPIRAZIONI – Non parliamo di ambizioni di vittoria, che sono un’altra cosa, ma di senso reale della competizione. Se passa il concetto che nonostante gli aiuti, i soldi, le prebende e le mancette per essere tra i primi della classe, i team privati low budget assumano modesti piloti in cambio di sponsorizzazioni, allora è l’intera credibilità della Top Class a essere compromessa. Perché assieme alla Signora Credibilità viene giù tutto il sistema “meritocratico” che starebbe alla base del ruolino di marcia di un pilota: Moto3, Moto2, MotoGP. Sia chiaro, non è compito del promoter sindacare sulle scelte dei team, però dovrebbe essere interesse di Dorna chiamare Top Class un campionato che lo sia per davvero.

Lascia un commento

4 commenti

  1. andreattfan ha detto:

    Un vecchio adagio diceva :”Meglio tardi che mai”. Sono anni che questo mondo sta assomigliando sempre più alla F1, finalmente qualcuno se ne sta accorgendo; per non parlare della farsa della Moto2! P.S.: la vedo dura associare concetti come credibilità e meritocrazia, a certi mondi dove ormai regnano solo business e politica, a meno di continuare ad essere degli eterni sognatori romantici…

  2. fabu ha detto:

    ma dopo il finale di stagione 2015 siamo ancora qui a discutere della credibilità di Dorna e carrozzone MotoGP?

  3. andreattfan ha detto:

    Premesso che la DORNA col nuovo regolamento sta massacrando anche la SBK, se assistiamo alla solita passerella di Rea è semplicemente perchè la Kawasaki ha preso uno dei migliori piloti e progettato la moto migliore. Come fece Ducati in passato quando vinceva dominando (il motorsport è stato sempre fatto di cicli) e nessuno si lamentava o dava la colpa ai fratelli Flammini.