23 Ottobre 2022

Marco Simoncelli. Il ricordo di Luca Pasini “Mi è caduto un fulmine a fianco”

Luca Pasini, ex pilota e costruttore, ricorda quel drammatico 23 ottobre 2011. Suo figlio Mattia e Marco Simoncelli erano inseparabili.

Marco Simoncelli, Mattia Pasini

Undici anni senza Marco Simoncelli. La MotoGP ha fatto tappa a Sepang proprio in questo week-end. Dove il 23 ottobre 2011 erano scesi fiumi di lacrime oggi ci sono stati solo i sorrisi per la vittoria di Pecco Bagnaia ed il secondo posto di Enea Bastianini. Ora è salita alla ribalta una nuova generazione di campioni e molti di loro sono romagnoli proprio come Marco Simoncelli e Mattia Pasini, oggi commentatore televisivo e pilota per passione.

Mattia e Marco: così diversi ma così uguali. Erano rivali quando si sfidavano in pista ed amici inseparabili fuori. Avevano personalità differenti ma erano uniti da un rapporto di affetto e stima reciproca, così come le loro famiglie. Suo padre, Luca Pasini, aveva fatto correre in minimoto Marco Simoncelli agli esordi ed aveva instaurato uno splendido rapporto anche con Paolo. Marco aveva due anni in meno di Mattia ma aveva subito conquistato il cuore della gente come pochi altri piloti al mondo.

Marco Simoncelli, Luca Pasini
Marco Simoncelli, Luca Pasini, Mattia Pasini, Manuel Poggiali, Denis Sacchetti

Luca Pasini, dov’eri il 23 ottobre 2011?

Quel giorno eravamo a Sepang in Malesia. Io avevo accompagnato Mattia che stava partecipando al Mondiale Moto2 con il team di Giampiero Sacchi. In quella trasferta Marco e Paolo erano rimasti in Giappone a provare la nuova Honda 1000. Loro erano molto euforici perché avevano già un accordo per l’anno successivo mentre Mattia era ancora senza una sistemazione. Con Paolo mi ero confrontato perché Mattia aveva alcune offerte per tornare in Moto3 ma non le voleva accettare perché gli sarebbe sembrato un passo indietro”.

Stavi seguendo la gara di MotoGP ai box?

“Ero alla prima curva sotto il monitor gigante. Ho visto la partenza in diretta poi c’era stata la sospensione. Non si capiva bene cosa fosse successo però bandiera rossa e piloti in terra. Sullo schermo si vedeva una moto bianca del team Gresini. Nella inquadratura ho visto che il compagno di squadra di Marco stava rientrando ai box e solo in quel momento ed ho capito che la caduta riguardava il Sic. Non pensavo però fosse così drammatica, definitiva, per Marco”.

Cosa hai fatto?

Ho preso il motorino e mi sono diretto verso il centro medico e lì mi ricordo benissimo che era arrivato Mattia in lacrime, disperato e diceva “è volato via il casco e Marco si è fatto male!”.

Avevate già capito?

Da lì a poco si è fermato tutto, tutto il mondo del motociclismo. C’era suo babbo, la Kate, quelli del team Gresini. L’irreparabile si era fatto strada”.

Come sei riuscito ad elaborare questo dramma?

In seguito ho visto qualche volta le immagini dell’incidente poi non sono più riuscito a guardarle perché era comunque una ferita aperta. E’ come se mi fosse caduto un fulmine a fianco: mi sono reso conto della gravità di quello che è successo ma non mi ha colpito in prima persona”.

C’era una sorta di rivalità?

Marco era all’apice, guardando al futuro si stava profilando una carriera ben più luminosa rispetto a quella di Mattia. C’era una sorta di invidia ma in senso buono perché c’è sempre stato un bel rapporto con la famiglia di Simoncelli e c’è tuttora. Noi pensavamo di essere gli sfigati ma questo mondo è crudele. Non mi piace però dire che ha perso la vita perché quando ci si dedica alla propria passione non la si perde ma la si dona a qualcosa che può elevare. Nel motociclismo i piloti sono pronti a donare tutti se stessi”.

Dopo?

Siamo poi rientrati dalla Malesia la domenica stessa poi abbiamo aspettato che ritornasse anche lui, con tutto il corteo da Roma, per un ultimo saluto. Era tutto spento, tutto finito. Però siamo gente, come dire, di spettacolo. Dobbiamo cercare di onorare uno che dona la propria vita per la propria passione e andare avanti”. The show must go on.

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