19 Novembre 2022

Milena Koerner, sfida con Fantic “Ho rinunciato a tanto, ma senza moto scapperei”

Milena Koerner nel '23 sarà racing coordinator di Fantic in Moto2, con un occhio anche a Motocross, Enduro e il progetto Dakar.

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Dalle gare viste in TV a ruoli ormai fondamentali nel mondo delle due ruote. Milena Koerner ha iniziato come tifosa, ma la sua vita è cambiata quando sono arrivate le gare della MotoGP in Germania, poco lontano da casa sua. Il primo passo che l’ha portata a diventare un personaggio fondamentale in tutti i team per cui ha lavorato. Con professionalità e la giusta “freddezza”, a volte diventando simpaticamente “Rotty”, diminutivo di Rottermeier, la dispotica governante del cartone animato ‘Heidi’. Ma mai in senso negativo. “Anche i piloti apprezzano e capiscono che serve per crescere” ha sottolineato Koerner. Ora è una delle persone di riferimento in Fantic, con tanti progetti da sviluppare. In occasione dell’EICMA abbiamo avuto occasione di farci raccontare la sua storia, ecco la nostra intervista.

Da dove inizia la tua storia?

Fondamentalmente da una famiglia che non c’entrava niente con le corse. Mio padre, mio zio e mio fratello avevano una moto solo per andare per strada, mia nonna andava in giro col sidecar negli anni ’50-’60. Ad un certo punto, quand’ero piccola, mio padre ha cominciato a dirmi di guardare le gare e dirgli chi vinceva perché lui non aveva tempo. Ho cominciato poi a guardarle perché mi piacevano, finché nel ’98 hanno messo il GP di Germania della MotoGP: il Sachsenring era a 20 km da casa mia e ci sono andata con i miei nonni. All’epoca, per com’era strutturato il circuito, i meccanici, i piloti, tutti dovevano passare in una zona in cui potevano arrivare anche i tifosi. Sono stata fortunata: ho fatto amicizia con alcune persone, sono andata ad altre gare ed in seguito ho iniziato a lavorare in hospitality.

I primi passi nel paddock.

La cosa buffa è che una delle prime persone per cui ho lavorato è Stefano Bedon, che in quei quattro, cinque anni mi ha dato sempre più responsabilità. Da semplice cameriera ad accogliere ospiti in circuito, poi mi ha dato la possibilità di occuparmi degli ospiti anche da casa, di preparare altre cose, di crescere piano piano. Sono passata poi a fare la team coordinator, quindi mi occupavo anche della logistica, dei comunicati stampa, delle interviste ai piloti. Sono andata in Yamaha Tech3 in MotoGP dal 2012 al 2016, poi dal 2017 fino al 2021 sono stata team manager in Moto2 in Forward. Un percorso solo nel Motomondiale. Poi magari nel tempo libero c’era l’interesse per andare a vedere una gara di cross o altro, per amicizie, però finiva lì. Quando sei via 200 giorni all’anno, quei pochi weekend che sei a casa non per forza li vuoi spendere su altre piste, ma qualche volta capitava.

Avevi deciso però di cambiare per il 2023.

L’idea era di stare un po’ più a casa, fare qualcosa di più normale, più tranquillo. Ma il giorno in cui ho mandato la mail per smettere con questa squadra mi ha scritto Stefano. Mi ha detto che nel 2023 c’era un progetto in Moto2 con Fantic e che aveva bisogno di me, voleva che ci fossi. Per il prossimo anno era una cosa di cui si poteva parlare, poi però mi ha detto che aveva bisogno di una mano anche prima. Io ho chiarito subito che le mie conoscenze in offroad erano abbastanza limitate, ma mi hanno risposto “Tanto impari in fretta!” Scherzi a parte, è stato un anno per me di grande crescita: ho dovuto imparare tante cose e sto tutt’ora imparando, con squadre bravissime e persone splendide. Anche l’atmosfera in azienda è molto stimolante, hai tanta voglia di lavorare ed è bello sentire questo entusiasmo. Devo dire che, iniziando anche ad andare alle gare di cross ed enduro, mi sono veramente appassionata a queste discipline.

Quindi niente “Sto di più a casa”.

Non ha funzionato. Effettivamente sono stata ancora più in giro rispetto a prima e l’anno prossimo, quando ho guardato il calendario… Tra marzo e novembre ci sono quattro weekend senza enduro, motocross e MotoGP, e non sono ancora usciti i calendari nazionali. È stancante, ma è molto bello! Poi in questo momento l’azienda è cresciuta molto in fretta: in EICMA 2019 Fantic ha annunciato l’ingresso nelle corse, ma dopo due-tre anni non puoi certo essere allo stesso livello di Honda, Yamaha, KTM. C’è una gran voglia di fare ed un ottimo potenziale, ma ci sono cose ancora da scoprire ed è quello su cui stiamo lavorando. Con persone con cui senti che la passione fa la differenza.

Attualmente di cosa ti occupi?

I rapporti con i team, la fornitura dei materiali, la scelta dei fornitori, i contratti… Tutte cose di cui attualmente ho il piacere di occuparmi. Con 22 piloti che hanno il tuo numero di telefono, quindi non è semplicissimo. Ma si include anche la stima di quante moto servono per il prossimo anno. Oppure ci sono squadre che chiedono se possono correre col materiale Fantic, quindi quali progetti ci sono, per quali campionati, se c’è un supporto… A tutto questo si è aggiunta anche la Dakar, altra cosa completamente nuova per me e che quest’anno andrò a seguire. Tutte discipline con caratteristiche diverse, devi un pochino sbatterci il muso per capirle, considerando anche i regolamenti tecnici. Ma è veramente bello.

Qual è la cosa che consideri più difficile da gestire?

Fondamentalmente la parte burocratica. Essendo un’azienda di una certa grandezza, ci sono determinate strutture, pratiche da seguire… Ma anche la mancanza di tempo, molte volte ti si accavalla tutto. Di recente abbiamo deciso di cambiare il pilota Moto2: da regolamento fino a novembre può fare dei test, noi però avevamo programmato il rientro del materiale e della squadra. Invece, vuoi non dargli la possibilità di fare un test prima della fine dell’anno? Per conoscere il team, raccogliere dati coi meccanici, capire cosa può servire… Ha firmato venerdì, mercoledì la squadra è ripartita, giovedì il pilota era in pista. Ma ti servono gomme, la grafica per box, moto e tuta… Giustamente due giorni prima dell’EICMA.

Una corsa continua per te.

Un altro esempio: martedì 1, che era festa, avevo fatto un test con un pilota enduro. Il 2 sono partita per Valencia, sono rimasta fino a lunedì mattina, poi ho preso l’aereo per Bergamo e sono venuta in Fiera per tre giorni. Giovedì sera sono tornata in aeroporto a Bergamo e sono arrivata a Valencia a l’una di notte e ho trascorso il venerdì con la squadra nel box. La sera ho preso altri due aerei perché non c’era il volo diretto per Bergamo, sono arrivata a l’una di notte, per essere alle otto e mezza in Fiera. Da dire poi che in questo periodo si firmano molti più contratti rispetto al resto dell’anno. Ma la difficoltà alla fine è sempre riuscire a dare la giusta importanza a tutti. A me un po’ dispiace perché le cose le faccio sempre col cuore e soffro perché non riesco a fare sempre tutto nel miglior modo possibile. Dobbiamo crescere e strutturarci meglio.

Come riesci a stare dietro a tutto?

Sicuramente mi ha aiutato il fatto che i miei avessero un’agenzia di taxi e trasporti. Era a chiamata e lavoravi sempre quando gli altri magari facevano festa. Difficile pensare di prendere un taxi tra le otto di mattina e le sei di sera, normalmente lo fai o la sera quando torni e non vuoi guidare, oppure quando vai in discoteca, in aeroporto, in ospedale… Spesso e volentieri sono chiamate ad urgenza, quindi senza programmazione. I miei lì erano veramente molto concentrati, il lavoro prima di tutto, e mi hanno passato questa mentalità. Per me non è mai stato un problema, poi è un ambiente che mi piace.

Hai detto che nessuno in famiglia è mai stato pilota. Tu invece ci hai mai pensato?

Io ho solo la patente della moto. Poi vengo dalla Germania dell’Est, dove la ginnastica artistica era uno sport molto meno difficile da realizzare. Andare a correre… Ci volevano soldi, perché le corse costano tantissimo, e tempo, che la mia famiglia non aveva. Io sono una persona molto competitiva, così mi dicono, ma no, onestamente a quello non ci ho mai pensato. Piuttosto faccio la gara in macchina con i miei colleghi per arrivare in hotel!

Qual è stata la soddisfazione più grande finora?

Essere arrivata ad avere una determinata credibilità davanti ad un mio pilota, pur non avendo mai svolto il loro lavoro. Quando ho fatto il team manager in Moto2, prima della gara parlavo anche con il pilota se c’erano determinate situazioni. Alcune volte è capitato che, tornando al box dopo la gara, mi dicessero che avevo ragione, che mi avevano pensato in quella particolare situazione, facendo come avevo detto. Sono queste le cose che mi porto dietro. Alla fine parliamo anche di ragazzi molto giovani, che inseguono il loro sogno ed è bello poterlo vedere. Anche questo mi piace di Fantic: prendere giovani talenti e farli crescere. Quando abbiamo firmato con Borja Gomez, vedere la sua emozione ti riempie il cuore! L’aveva saputo solo mezz’ora prima che aveva questa opportunità in Moto2.

Qual è la ‘formula giusta’ per gestire questi ragazzi?

Bisogna vedere prima la persona del pilota, ma devi anche rimanere seria e professionale, senza mai oltrepassare un certo limite. Crutchlow per esempio, il giorno dopo che abbiamo smesso di lavorare insieme mi ha mandato un messaggio: “Da oggi possiamo essere amici!” Finché lavori assieme non devi mai andare oltre, serve un certo distacco. Voglio bene ai piloti con cui ho lavorato, ne ho stima, ma non puoi passare sopra a certe cose perché siete amici. È pur sempre un’azienda, con un budget e degli obblighi. Non posso tenerti perché mi sei simpatico, o farti passare certe cose, mettendomi in difficoltà con gli sponsor, solo perché sei un bravo ragazzo. Condividi molto, passi tanto tempo insieme, certo è diverso rispetto ad un lavoro in ufficio, ma è pur sempre un lavoro.

T’è mai capitato di non andare d’accordo con qualche pilota?

Con i piloti direi di no. Ma comunque, quando metti 15-20 persone insieme, è sempre difficile trovare la chimica perfetta. Poi magari non arrivano i risultati, capita un infortunio, possono esserci tante altre cose. Con i piloti comunque c’è sempre qualcuno al quale sei più vicino, con altri invece hai un rapporto più “freddo”, distaccato. Ma dipende anche dai ragazzi: quando prendi un pilota già formato per un breve periodo di tempo, hai un rapporto diverso rispetto a quando inizi con un giovane e lo vedi crescere. I momenti belli, quelli brutti, i miglioramenti, le soddisfazioni… C’è una grande differenza. Ad esempio Pol Espargaro, arrivato in MotoGP da iridato Moto2, con un passo importante da fare. Dopo questo periodo insieme mi ha lasciato un regalo ed un biglietto: “Grazie per esserti presa cura di me come se fossi tuo fratello.”

Come ti ‘dividerai’ tra i vari campionati l’anno prossimo?

In Moto2 sono responsabile tecnico, perciò seguirò tutte le gare, tranne quelle in concomitanza con la prima e l’ultima del Mondiale Enduro, ci vorrei andare. Per le altre ci metteremo d’accordo con Stefano. Ma adesso ho un ruolo diverso, a parte la Moto2 non vivo più il box in maniera così intensa come prima. Nel cross o nell’enduro spesso e volentieri i piloti passano quasi tutto l’anno con la squadra. Io questa cosa non la vivo, li vedo alle gare ma come “esterna”, senza un rapporto così stretto, quindi è anche più facile.

Hai mai pensato di fare un altro lavoro?

A dire la verità questo era qualcosa che pensavo di fare durante l’università per pagarmi gli studi, per poi cercarmi un “lavoro serio”. Non ho ancora trovato il “lavoro serio” e sono ancora qui! Ma non avrei mai pensato di restarci per tanto tempo. Ad un certo punto sei dentro, ti dispiace buttare via tutti i sacrifici che hai fatto e vai avanti, però se tornassi a quando avevo 16-17 anni…

Non lo rifaresti?

La gente vede che lavori nelle corse, ti dice “Bello, lo vorrei fare anche io!”, però ho sempre detto a tutti di fare cambio per due mesi: sono certa che tornerebbero subito alle loro vite. Ci sono anche tante rinunce: non è facile mantenere un rapporto, non vedi la famiglia, è difficile anche tenersi gli amici. Magari li hai, ma sparsi per il mondo. Quelli ‘di casa’ magari ti chiamano 5-10 volte, tu dici che sei di qua o di là, dopo un po’ non ti chiamano più. E se non li senti da tanto poi non vai a rompere le scatole la volta che sei a casa. Sono cose a cui non pensi a 25 anni, te ne accorgi più avanti. Dall’altra parte, sicuramente ho vissuto tante esperienze diverse rispetto ad un lavoro d’ufficio.

Ti sei già fatta qualche domanda su quanto andrai avanti?

La vita è quello che ti succede mentre stai facendo altri progetti. Io quest’anno volevo stare più a casa, invece ho girato di più, ma ne sono felice. Di conseguenza non ha senso prefissarsi troppe scadenze. Sono molto contenta dell’opportunità che mi sta dando Fantic e voglio fare del mio meglio. Quando penserò di non essere più all’altezza, allora me ne vado. Oppure quando crederò di aver dato quello che potevo, lasciando il posto ad altri. Per il momento abbiamo tanta strada da fare, tanti bei progetti e soddisfazioni da toglierci. Per i prossimi anni spero di far parte di quest’azienda, poi vedremo in quale ruolo. È difficile per me pensare ad un lavoro d’ufficio, senza viaggiare: scapperei dopo qualche mese! Ed è complicato togliere le due ruote dalla mia vita. Il mio destino è questo.

Foto: Diana Tamantini

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