14 Dicembre 2018

Inchiesta Doriano Romboni: quel maledetto palmo di terra

L'indagine sulla morte dell'indimenticabile Dori va avanti tra misure che non tornano, omissioni e silenzi. Sapremo mai la verità?

Cinque anni fa, il 30 novembre 2013, Doriano Romboni perdeva la vita durante il SicDay, giornata evento dedicata a Marco Simoncelli sul Circuito Internazionale di Latina “Il Sagittario”. Una gara vera, inserita nel calendario della FMI. Piloti ed ex-piloti si esibivano in una sfida di Supermoto: Doriano, all’epoca impegnato nel progetto federale di valorizzazione dei giovani talenti italiani, era uno dei nomi prestigiosi. Faceva titolo, e non solo: mai una parola fuori posto, mai contro nessuno. Uno di noi. Il destino ci mette del suo: Doriano scivola alla fine del rettilineo, il corpo attraversa la via di fuga e invade la curva 12, mentre sopraggiunge l’incolpevole Gianluca Vizziello, che lo investe in pieno.

OMOLOGAZIONE – Paolo Sesti, allora Presidente della FMI, dichiarò che le protezioni non vennero applicate perché «il Circuito Internazionale “Il Sagittario” di Latina è omologato da Mondiale Supermoto. L’omologa internazionale non prevede espressamente ostacoli in pista e lì non andavano messi airfence o protezioni di altro tipo. I circuiti, ormai, sono tutti sicuri, i problemi sorgono quando il pilota rimane in mezzo alla pista». Recentemente il quotidiano “La Nazione”, edizione di La Spezia, ha ripreso le dichiarazioni del legale della famiglia Romboni; l’avvocato Caterina Caterino del foro di Bologna, intervenuta come ospite in una trasmissione dedicata al motorismo sportivo, ha evidenziato alcuni punti che meritano un approfondimento. La morte, per certi versi assurda, di Doriano Romboni si presenta come una faccenda complicata: per cinque anni è passata sotto silenzio, in ossequio ai tempi della giustizia italiana. Serve chiarezza: non si tratta di una fantomatica riapertura di un cosiddetto “caso Romboni”. Il procedimento non è mai stato chiuso, quindi bisogna parlare di una fine delle indagini preliminari, secondo quanto disposto dall’art. 415 bis del codice di procedura penale.

I CONTI NON TORNANO – Dopo la scomparsa del pilota spezzino vennero segnalate alcune incongruenze che risultano tali ancora oggi. Il gestore dell’impianto alle porte di Roma, Pino Montani, in un’intervista a Motociclismo del 6 dicembre 2013, ammetteva: «la pista è omologata dalla Federazione Motociclistica Italiana da dieci anni. È successo semplicemente che, dieci anni fa, il nostro tecnico ha prodotto un disegno sbagliato che ha riportato erroneamente le misure delle curve dove è successo l’incidente. Sulla carta è scritto che quel tratto del curvone a sinistra misura 40-43 metri e che lo spazio di fuga è di 15 metri. In realtà dai rilievi emerge che quel tratto misura 25 metri e lo spazio di fuga è di 11. Però l’omologa della pista è stata sempre fatta sia dalla FMI sia dalla Federazione Internazionale e, da regolamento, in quel punto ci devono essere 6 metri. E poi tu mi dici che quei 4 metri di differenza avrebbero salvato Doriano?». Si, no, forse. Abbiamo chiesto un parere a un tecnico competente: «vedi, esistono delle cause di rischio imprevedibili (per esempio una rottura meccanica) e dei fattori di pericolosità che possono essere ricondotti al tracciato (rischio prevedibile). Nel caso specifico è abbastanza difficile affermare che la morte di Romboni possa essere attribuibile a una fatalità, come potrebbe essere un guasto tecnico o una caduta in gruppo dalle conseguenze inevitabili. Quel circuito, forse, non era abbastanza sicuro nonostante le omologazioni.» Qual’è l’iter che determina l’omologazione di una pista ? «Un ispettore federale garantisce che siano rispettati tutti i parametri richiesti dalla federazione, poi alla fine è il Coordinatore Comitato Impianti federale che appone la firma». Nel caso del circuito internazionale del Sagittario, all’epoca dei fatti l’ispettore federale era Gennaro Caccavale, con doppio ruolo visto che ricopre anche l’incarico di giudice di gara, mentre alla direzione tecnica c’era l’ingegnere Adamo Leonzio.

TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE – Caccavale ha pure un soprannome: “Caballero”. Così ama presentarsi ai suoi amici su Facebook. È un vigile urbano di 55 anni, diplomato con maturità tecnica, residente a Torre Annunziata. L’ispettore che materialmente visitò l’impianto, assicurandone la conformità. Curioso, come rilevato anche dall’avvocato Caterino, che lo stesso Caccavale sia risultato irreperibile alle ricerche dei carabinieri, che si sono recati al domicilio noto di “Caballero” in data 14, 18 e 22 gennaio 2014. Il vigile urbano irrintracciabile. Uno che invece le autorità sono riuscite ad ascoltare è stato Adamo Leonzio: pescarese, 64 anni appena compiuti, ingegnere edile, oltre all’incarico di Coordinatore Comitato Impianti per la federazione è anche socio anziano e proprietario dello studio di progettazione che porta il suo nome. Sul sito internet dello “Studio Tecnico Leonzio e Associati” compare orgogliosamente, con tanto di video ripreso dal drone, il progetto dell’autodromo Tazio Nuvolari di Cervesina. Controllato, controllore e controllante: tutto in unico soggetto. Non male.

UNITA’ DI MISURA – Non c’è danno, ma il sospetto di un conflitto d’interesse è difficile da nascondere. Dai documenti che abbiamo potuto visionare, risulta che Leonzio sia stato ascoltato dall’autorità inquirente: colui che era preposto ad apporre il sacro sigillo, avrebbe ammesso di aver certificato il circuito del Sagittario basandosi sull’ispezione di Caccavale; in pratica: sulla fiducia, visto che non c’è andato personalmente. Dalla deposizione dell’ingegnere si evince che, nel caso d’impianti noti, ovvero già omologati in passato (ma per i kart, non per la categoria Supermoto), il fastidio della richiesta di omologazione annuale diventa addirittura superflua. In questa specifica situazione l’ispezione periodica diventa solo di verifica manutentiva, quindi senza necessità di controllo o di accurate misurazioni. Ancora non basta? Ecco un estratto della dichiarazione di Leonzio: «la misurazione a campione di tratti del circuito è rimessa alla discrezionalità dell’ispettore e viene fatta nel caso in cui la pista si presenti macroscopicamente difforme alla documentazione». Quattro metri, evidentemente, non sono considerati una distanza sufficiente a farti prendere il metro in mano.

SULLA FIDUCIA – La confidenza come uno dei criteri addotti. La fiducia nel collaboratore prima di tutto: doveva essere davvero ben riposta se nonostante i disegni sbagliati del 2010 (errore ammesso peraltro anche dal direttore del circuito!), la verifica di omologa  avvenuta senza che si accertassero le difformità tra layout su carta e misure reali e il fatto che gli ispettori federali – quindici in tutto – diventino tali a seguito di un semplice corso di formazione interna, in assenza di un preciso percorso di studi o di praticantato. Nonostante tutto questo, – oppure a causa di tutto questo –  è stata garantita al “Sagittario” di Latina la piena operatività. Fiducia, a tutti i costi. Da kartodromo di provincia l’impianto si trasforma in pista federale omologata per la categoria Supermoto. Nazionale e Internazionale. Pino Montani ci ha chiarito la situazione: «abbiamo uno degli impianti di riferimento per il centro Italia. Da noi si allenano con regolarità piloti di primo piano della velocità nazionale. Rispetto alla vicenda Romboni siamo tranquilli, abbiamo rispettato tutti gli obblighi federali. Ogni anno, per ottenere l’omologazione, siamo sottoposti ai controlli della FMI. Siamo a stretto contatto, ospitiamo molte gare nazionali e internazionali, è chiaro che ottemperiamo a tutte le direttive». Per l’autodromo va tutto bene. Per la federazione è tutto ok. È sempre stato tutto ok. Tanto che il contumace (nel 2014) Caccavale, irreperibile ai tempi delle verifiche come documentato nel verbale di vane ricerche redatto dai carabinieri di Torre Annunziata per il procedimento penale 18725/13, il 2 settembre scorso è addirittura definito “mitico” commissario di gara in occasione della prova internazionale di Supermoto corsa al Sagittario. Commissario di gara (presente) nel 2018, Ispettore federale (evanescente) nel 2014.

COSA DICE LA LEGGE E LA POSIZIONE DELLA FMI – «Siamo arrivati al 415bis, cioè alla fase di chiusura dell’indagine preliminare», racconta l’Avvocato Caterino «con gli avvisi agli indagati. Adesso i soggetti che hanno ricevuto la comunicazione possono produrre documentazione. A seguito di questo può essere richiesto un supplemento d’indagine». Il nodo della vicenda, per capire se la tragedia avrebbe potuto essere evitata, sta tutta nelle perizie; Spinelli, il PM che ha firmato il 415bis ha incaricato delle verifiche l’architetto Stefano Severini, un professionista di Latina che appare estraneo al mondo delle omologazioni dei circuiti e dei regolamenti federali. Per non lasciare alcuna voce inascoltata abbiamo provato a sentire anche il punto di vista della federmoto. Giulio Gori, addetto stampa della FMI, ci ha cortesemente accompagnati alla porta: «No comment. Quando avremo qualcosa da dire in merito, lo faremo attraverso un comunicato stampa. Abbiamo scoperto solo attraverso il vostro sito quanto sta accadendo».

DAL GIOCO DEL TRONO A QUELLO DELLE POLTRONE Resta amarezza: la vicenda di Doriano Romboni, campione fuori dalla pista prima ancora che in circuito, lascia prima di tutto una vedova a vivere di ricordi ingombranti. Il contegno con cui Sara Romboni ha saputo affrontare la vicenda, senza mai lasciarsi abbattere, continuando con tenacia a cercare di ottenere giustizia per il suo “Dori”, ricorda ben altre battaglie. In attesa di sviluppi futuri che potrebbero avvenire a seguito della chiusura delle indagini preliminari annotiamo che ad oggi Gennaro CaballeroCaccavale rimane “mitico giudice di gara” federale per le Supermoto, Adamo Leonzio è sempre impegnato nel duplice ruolo di Coordinatore del Comitato Impianti della FMI e di progettista (ultima impresa, la riprogettazione del Centro Insular del Motor de Tenerife), mentre Paolo Sesti è divenuto commissario straordinario della Federazione Italiana di Tiro Dinamico Sportivo. Il tirassegno insomma. Nel comunicato stampa ufficiale si legge che  la nomina, disposta dal Presidente del CONI Giovanni Malagò,  è stata concessa per «assicurare la riconduzione della federazione nell’alveo della legalità». Di sicuro c’è che quei quattro metri di terra in più, rispetto al palmo di asfalto su cui è stato investito Doriano, avrebbero fatto la differenza tra la vita e la morte di un uomo.

  • 5
  • Immagini

    Lascia un commento