2 Febbraio 2023

Dalla parte dei genitori: papà Boggio racconta “Una follia, ma rifarei tutto”

Edoardo Boggio è una delle giovani promesse italiane. Ma com'è stato l'inizio per lui e la famiglia? Il racconto di papà Maurizio.

Abbraccio tra papà e figlio Boggio

Ci sono alcune giovani promesse italiane delle due ruote che si stanno facendo notare. Edoardo “Dodò” Boggio, torinese classe 2007, è diventato uno dei ‘ragazzi terribili’ protagonisti nella European Talent Cup del campionato JuniorGP. Con qualche intoppo sul finale di una stagione che rimane senza dubbio stellare per uno dei ragazzi supportati dal progetto Talenti Azzurri FMI. Da dove arriva questo giovanissimo pilota tricolore? Com’è cominciata questa passione per le due ruote? Abbiamo chiesto al papà, Maurizio Boggio, di fornirci un punto di vista differente dal solito: come inizia il percorso di un aspirante pilota e quindi come si gestisce in famiglia. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dietro ad un pilota ci sono sempre genitori che soffrono.

[Risata] Ovviamente un ragazzo giovane che inizia a correre è un impegno che coinvolge tutta la famiglia, ancora di più quando si arriva all’età di Dodò.

Da dove è iniziato questo percorso?

È stato un caso. La nostra famiglia non ha nulla a che vedere col mondo dei motori, meglio col mondo delle corse. Certo mi piacevano le moto come oggetto e come mezzo di trasporto, quand’ero giovane il motorino a 14 anni era uno status symbol. Ce l’ho ancora, anche se da quando corre Dodò non ho più tempo. Sono cresciuto nell’epoca di Valentino Rossi e dei grandi campioni, seguivo le gare, ma delle corse non sapevo assolutamente nulla.

Quindi Dodò Boggio come ha cominciato?

Suo fratello, più grande di 17 mesi, aveva sentito chissà dove di alcuni che andavano a girare con queste minimoto. Per combinazione ho anche visto su Facebook un mio amico che aveva portato il nipote in una pistina di minimoto vicino a Torino. L’ho chiamato, mi ha spiegato della pista e del signore che noleggiava le minimoto: così ho portato sia lui, che aveva 8 anni, che Dodò a provare, per curiosità, su questo “Mugellino”. Alla fine mi mi ha proposto di comprare una moto cinese a 100 euro. “Se si stancano, a 80 te la ricompro”. Tutt’e due quindi giravano a turno con questa minimoto, hanno poi conosciuto altri ragazzini che frequentavano questa pista. Devo dire che ad entrambi è piaciuto subito! Quindi di sabato andavamo su questa pista, era diventata un’abitudine.

Famiglia Boggio, gli inizi

Come se la cavavano?

A Dodò da subito piaceva quando arrivava la gara, a suo fratello invece piaceva di più l’ambiente. Poi gli hanno parlato di altre piste più veloci, più belle… A Milano, a Codogno. Non sapevo neanche dov’era! Mi hanno detto, così siamo andati. Piuttosto di vederli davanti ai videogiochi, o di portarli a calcio… Li vedevo appassionati, piaceva anche a me. Ma c’erano papà molto più esperti di me, mentre io non sapevo fare proprio niente, a parte mettere la benzina o pulire le moto. È iniziata così, per gioco. L’anno dopo andavamo sempre in giro per queste piste, finché un ragazzo che aveva un team di minimoto non ha notato Dodò: “Ha otto anni, può iniziare a fare il campionato italiano, perché non provi?” L’abbiamo fatto così per scherzo.

Un gioco che è diventato sempre più importante.

Sembra ieri, ma sono passati anni. Minimoto, Minigp, PreMoto3… Poi siamo andati in Spagna, quest’anno disputerà la Rookies Cup. Tutto nell’arco di sette anni! In un attimo ti trovi catapultato in questo mondo, sempre per Dodò che ha questa passione, vuole correre. Una passione che è andata ad un livello sempre più alto. Finché era nelle minimoto era tutto più gestibile: prendevo la macchina di mia moglie, più spaziosa, anche se poi si lamentava della puzza di benzina… Eravamo organizzati: andavamo anche a Jesolo, San Mauro a Mare, era anche un modo per farsi dei weekend. Mia moglie andava al mare con la sorellina, io rimanevo in pista a guardare loro con le minimoto.

Iniziano poi ad arrivare i primi risultati.

Ha dimostrato una certa attitudine. Ha chiuso 5° al debutto nel campionato italiano, l’anno dopo ha vinto l’Europeo ed il Trofeo Simoncelli, poi ha cominciato ad andare sulle moto un po’ più grandi. Io iniziavo a guardare, portavo Dodò alle gare, e lì le velocità aumentavano. Ne parlai subito con mia moglie ed abbiamo deciso tutt’e due di continuare questo percorso. Lei è venuta alla prima gara, li ha visti passare così veloci e ha deciso di non venire più alle gare! Anche perché la sorellina cresceva e non era giusto vincolare tutta una famiglia alle moto di Dodò. Ancora adesso guarda le gare solo quando sa già il risultato.

Come si reagisce agli incidenti? Come ad esempio quelli di Boggio nel finale della scorsa stagione…

Non è bello da vedere, ma almeno lei sapeva già ad esempio che stava bene, quindi non c’era problema.

Edoardo Boggio con la mamma

C’è stato un momento “di svolta”, quando Edoardo Boggio ha davvero deciso che voleva correre?

È stata una cosa in divenire. Diciamo che nelle minimoto si comincia a vedere una certa attitudine, che non è detto rimanga nei cambi di categoria. Poi questo è un mondo frequentato da tanti ragazzi figli di persone che ne fanno già parte, quindi piloti, meccanici… Che conoscono l’ambiente. Da dire anche che nelle moto c’è una peculiarità: genitori convinti che i figli diventeranno campioni del mondo. Già nelle minimoto si parla di questo, c’è l’illusione. In quei primi anni però c’è il divertimento, era un modo per passare dei weekend alternativi… Non era un grosso impegno. Ma la cosa bella è che lo sport, qualsiasi sia, ti fa crescere, quindi lo ritenevo positivo.

I risultati però aiutano.

Ti aiutano, ti permettono di andare avanti di categoria. E l’impegno economico da parte della famiglia chiaramente aumenta. Mi sento poi di dire che a volte si cercano scuse: la mancanza di soldi, la moto che non va… È in parte vero, ma non è sempre così. Bisogna essere equilibrati. Certo il mezzo dev’essere competitivo e si tratta di uno sport costoso, però i risultati aiutano ad avvicinare gli sponsor o situazioni che ti possono agevolare. Dopo la fase delle minimoto, gli sono sempre piaciuti i cambi di categoria. Hanno certo aiutato i risultati e siamo quindi andati avanti. Quand’era un po’ più grande, a circa 12 anni, ci avevano regalato dei biglietti per la MotoGP e quindi andavamo a vedere le gare.

Ha avuto anche qualche primo contatto con ‘i grandi’?

In quel paddock ha avuto l’occasione di parlare con qualche pilota: al Mugello ha conosciuto Marc Marquez, che tra l’altro è il suo idolo. Si è fermato, ha scambiato due parole con lui, ha dato importanza a questo ragazzino che correva. Ha conosciuto poi anche i ragazzi di Snipers, Arbolino e Fenati. Inizi quindi a “toccare” quello che è il professionismo, come lavorano nel box, oltre al fascino del paddock. Probabilmente è lì che il semino ha iniziato a germogliare. Adesso Dodò è in una struttura mondiale come quella del team Aspar, che considero quasi l’ultima vera accademia. Oltre a far parte dei Talenti Azzurri, che ci danno un grandissimo supporto.

boggio-sistemare-minimoto

Com’è cambiato il tuo ruolo di genitore?

Ero il papà da ufficio, completamente fuori dal mondo della meccanica. Qualche volta capitava che Dodò venisse là e mi dicesse che la moto fa così o così. Io gli dicevo di fare un giro che gliela sistemavo, in realtà gliela pulivo solo col Chanteclair, lui risaliva e la moto andava bene. Aveva suscitato l’ilarità del paddock, gli altri papà mi prendevano in giro. Ho poi assunto un ruolo secondario: non posso neanche entrare nel box, ma è giusto che sia così. Ora il papà è l’accompagnatore, quello che comunque si deve occupare di mille aspetti burocratici e di alcune scelte importanti, come un team al posto di un altro: bisogna essere curiosi e informarsi bene, perché queste scelte ricadono sul percorso del ragazzino. Inutile che dei piloti di 10 anni abbiano un manager! Assurdo, viene quasi da ridere. Bisogna poi diffidare dei ‘venditori di fumo’, delle cose che sembrano troppo facili, e questo tocca al papà, che ha un’età diversa.

Come si è riorganizzata quindi la famiglia Boggio?

Il sacrificio innanzi tutto è del ragazzino, che non conduce una vita come gli altri della stessa età. Il fratello ha rinunciato presto, Dodò invece no: doveva quindi conciliare la scuola con palestre, allenamenti… Ma c’è anche la famiglia: Dodò non è figlio unico, a suo fratello piace sciare e la sorella ha le amiche, i suoi impegni. Alla fine lo accompagno io alle gare, è ancora un ragazzino. Ma non come certe famiglie che arrivavano col camper in circuito: andavo in macchina e stavo in hotel. Era anche un modo per staccare quando finiva la giornata.

Una ‘divisione dei compiti’ insomma.

L’abbiamo deciso subito con mia moglie: io lo portavo alle gare, ma senza costringere tutta la famiglia ad andare, anche per permettere ai fratelli di avere la loro vita, le loro passioni, senza essere legati alle moto del fratello. Anche se indubbiamente sono i suoi primi tifosi! Da genitore, mantenere l’equilibrio però è difficile: per forza di cose con Dodò passo più tempo, poi bisogna compensare. O anche il fatto che un allenamento o un dato campionato hanno un costo, per quanto magari ci sia l’aiuto da uno sponsor. Non puoi dare tutto ad uno ed agli altri no: poi chiaramente da genitore si fanno anche degli errori, ma bisogna cercare di stare attenti.

Non è facile ad esempio in caso di infortunio.

Mi ricordo ad esempio una sua caduta nel 2021 a Jerez, si era fatto male al tendine ed è stato operato a Malaga. C’ero solo io con lui, quindi ho chiamato mia moglie per spiegarle tutto. Chiaramente era preoccupatissima, e non c’erano voli da Torino. Mi è quindi venuto in mente di sistemare il furgone come fosse un’ambulanza. Il giorno dopo l’hanno dimesso, ho allestito tutto e ho fatto così da Malaga a Torino per riportarlo, per farlo vedere il più presto possibile alla mamma che era appunto preoccupata. Una follia, ma forse quel pizzico che ci vuole per far correre questi ragazzini sulle moto. Ma dovessi ricominciare tutto da capo lo rifarei, ne vale la pena.

trasporto "fragile"

A livello sportivo, un passo importante per Edoardo Boggio è stato l’anno in Spagna.

Ha fatto una scelta per continuare il percorso, lì c’era il clima giusto per allenarsi anche d’inverno (a Torino fa freddo e non ci sono circuiti) e la struttura per cui corre era a Valencia. L’anno scorso quindi, a 14 anni, si è trasferito, si è iscritto in una scuola lì e ha imparato lo spagnolo in corso d’opera. Ci ha aiutato la famiglia di Alberto Ferrandez, che ha conosciuto quand’era venuto a fare qualche gara in Italia. Noi non potevamo trasferirci tutti in Spagna, quindi stavamo cercando una soluzione per lui, un collegio. I Ferrandez invece si sono offerti di tenerlo con loro: erano nella stessa classe (hanno 10 giorni di differenza), si è introdotto velocemente nell’ambiente, ha imparato rapidamente lo spagnolo, poi andavano ad allenarsi assieme. La tecnologia aiuta a tenersi in contatto, ma è diverso da avere la famiglia vicino. Anche a livello scolastico poi diventa difficile.

Quest’anno poi sarà ancora più intenso, tra ETC ed il debutto in Rookies Cup.

Le gare iniziano più o meno a marzo, da quel momento sarà impegnato per quasi tutti i weekend. È incompatibile ad esempio con un liceo classico, altrimenti non fai bene né l’uno né l’altro. L’istruzione è fondamentale, quindi bisogna scegliere una scuola che permetta di fare tutt’e due. Poi è giusto che abbia dei compagni, che conosca anche le ragazzine… Non si può vivere solo di moto a 15 anni.

È difficile far funzionare tutto?

Ci sono momenti in cui anche io, per seguire Dodò, sono impiccato col lavoro. E siamo in una fase sempre più impegnativa: i giornalisti che fanno domande, la Rookies Cup che ti chiede un blog, organizzare i viaggi, gli allenamenti, la grafica della tuta, il bozzetto del casco… Poi lui è là e tu sei a Torino. Tante cose, anche burocratiche come parlare poi coi team e gli sponsor. Personalmente un’ora, anche due al giorno vanno per queste cose. Ma mi piace, ormai mi sono abituato, anzi è più facile questo che pensare di cambiare una gomma alla moto! Certamente è impegnativo, ma non puoi pensare che un ragazzino di 15 anni faccia tutto da solo. Ecco, i social se li gestisce da solo.

Quanto sono importanti i profili social attualmente?

È in una fase in cui inizia ad avere un pizzico di visibilità in più, quindi bisogna avere anche una certa ‘immagine’. Bisogna però sempre mantenere un certo equilibrio, che è la cosa più difficile. Per la generazione di Dodò i social sono importanti: qualcosa devi fare durante i weekend di gara, anche per dare qualcosa in cambio agli sponsor.

Hai citato la promozione di Edoardo Boggio in Rookies Cup, avvenuta in due fasi. Com’è stata accolta la notizia in famiglia?

A volte non sempre si azzecca il risultato. Era un periodo che era in forma, ma durante uno stage con Aspar è caduto e s’è rotto la clavicola. Non lo sapevamo all’inizio, ma gli faceva male e quando siamo tornati in Italia ha fatto gli esami e s’è visto. Otto giorni prima delle selezioni. Siamo andati da un medico: non era scomposta, gli ha detto che poteva provare ma che gli avrebbe fatto male. S’è preso degli antidolorifici e ha fatto come ha potuto. Non è stato selezionato in quel momento, ci siamo rimasti male, anche perché stava facendo un bel campionato. Quindi cercava la vittoria a tutti i costi in Talent Cup, sapendo di quel posto disponibile. In seguito è arrivata questa bellissima notizia, chiaramente eravamo tutti contenti e lui ci teneva tanto! È stato a casa per le feste, poi è ripartito per gli stage con Aspar, si sta preparando.

Nelle ultime corse ETC qualcosa non ha funzionato ed è caduto tanto. Come se l’è spiegato?

È ancora un ragazzino e ha una visione sua delle gare che dovrà un po’ cambiare: ha sempre corso con l’obiettivo di vincere la gara. Nell’ottica di un campionato invece devi ragionare ed a volte ti devi saper accontentare. Se guardi le sue gare nel 2022 parliamo di vittoria, podio o caduta. Questa è una cosa su cui dovrà lavorare, ma in quest’età fa parte di un percorso: ha la velocità, ora bisogna imparare a gestirla. Disputa comunque un campionato secondo me difficilissimo, ma deve trovare il giusto equilibrio per riuscire a portare a casa il risultato domenica.

Quali sono le differenze tra l’Edoardo Boggio pilota e l’Edoardo Boggio fuori dalla pista?

È competitivo un po’ in tutto: ad esempio, per entrare in ascensore, deve farlo prima di tutti! A scuola non deve esistere un brutto voto, poi è un ragazzo molto preciso. Mia moglie ha una teoria, secondo lei deve compensare in qualche modo: a tavola per esempio, quando io sono già al caffè, lui è ancora al primo. Oppure per una doccia sono minimo tre quarti d’ora. In alcune cose rallenta, proprio perché in altre è legato al cronometro. Quando siamo in vacanza poi si rilassa, si prende i momenti per lui.

Come vedi Dodò Boggio per quest’anno? Il fatto che abbia vinto un italiano l’anno scorso può essere uno ‘stimolo’ in più?

In Talent Cup ha sicuramente dimostrato di essere tra quei ragazzini che formano il gruppo di testa. Il fatto di chi abbia vinto poi non gli interessa per niente, non lo tocchi da quel lato. Lui tiene d’occhio tutti, vede chi sono i piloti forti, li guarda e ne osserva le caratteristiche. Quest’anno poi ritornano tutti i ragazzi del 2022: Maximo [Martinez Quiles], Uriarte, O’Gorman, Pini, Sarmela… Più sicuramente altri nuovi che miglioreranno, quindi sarà ancora più difficile.

Foto: Maurizio Boggio

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