25 Gennaio 2023

Ayrton Badovini il pilota che guardava sempre lontano

Ayrton Badovini si racconta a Corsedimoto: dall'infanzia alla sua ultima gara. Nel 2010 dominò la Coppa del Mondo Stock 1000.

Ayrton Badovini Superbike

Ayrton Badovini è sempre stato un passo oltre. Durante tutta la sua carriera ha giocato spesso d’anticipo. Nato a Biella nel 1986, ha iniziato prestissimo a correre, è stato forse il primo ad approdare alle 4 tempi già da ragazzino ed è stato autore di una brillante carriera. Oggi Ayrton Badovini vive in Romagna, ha una palestra assieme ed un suo amico fraterno e lavora come responsabile al 511 Racing Team nei campionati femminili.

“Sono nato e cresciuto in una famiglia di motociclisti – racconta Ayrton Badovini a Corsedimoto – un giorno, quando avevo cinque anni, ho provato una minimoto ad una fiera e me ne sono innamorato. Ho chiesto a Babbo Natale di regalarmene una ed ho iniziato ad andare a girare nei piazzali con mio babbo e mio zio. Lavoravano nel settore tessile ed usavano le bobine allora mettevamo la parte interna di queste come coni e facevamo quindi degli slalom. Ho poi iniziato correre in una pistina vera e propria, a dieci anni ho vinto il Campionato Italiano ed è partito tutto da lì. Una volta era più facile di adesso”.

In che senso?

“Quando ho iniziato io c’era più meritocrazia. Se un ragazzino aveva delle doti gli davano la possibilità di andare avanti. Dopo le minimoto ho fatto per un anno il Trofeo Aprilia Challenger 125 ma intanto avevo provato una Ducati 748 e mi era piaciuto tantissimo. Forse i miei genitori saranno passati anche un po’ da incoscienti ma a 15 anni ho iniziato a girare con un 4 tempi e l’anno dopo ho gareggiato nell’ Europeo Superstock con un Ducati 999. In quegli anni tutti i giovani facevano la trafila delle 2 Tempi ma le moto grosse mi piacevano decisamente di più”.

Nel 2010 hai dominato la Coppa del Mondo Superstock 1000 vincendo nove gare su dieci con BMW Motorrad Italia.

“Bisogna essere onesti: io credo di essere un buon talento ma quell’anno avevo tutto al top. Avevo una squadra strepitosa, un pacchetto tecnico nettamente superiore a quello di tutti gli altri, nel box lavoravano dei tecnici bravissimi. Senza un team del genere sarebbe stato impossibile dominare in quel modo. Ovviamente ci ho messo anche tanto del mio e probabilmente senza un pilota esperto come me il team non avrebbe ottenuto quei risultati”.

C’è un istantanea di quel 2010 che ti porti dentro?

“C’è un episodio che fa capire bene il mio carattere. Ultima gara scendo dal podio con la coppa di Campione del Mondo ma sono visibilmente triste. Il responsabile di BMW Italia se ne accorge e mi chiede cosa c’era che non andava. Ecco, io gli risposi che ok avevo vinto ma ancora non avevo un posto in Superbike per l’anno successivo. Non ero riuscito a godermi il momento perché il mio focus era già al 2011. E questo mi è capitato tante volte, fa parte del mio carattere, io penso sempre al dopo, all’obbiettivo che verrà”.

Il ricordo più bello della tua carriera?

“Faccio fatica a scegliere ma quello a cui penso più spesso è stato il mio giro perfetto. Mondiale Superbike 2008, Superpole in America e faccio un giro per me incredibile. Il tempo in se non era stato esaltante ma era la prima volta che ero riuscito a sfruttare bene la qualifica e fare tutto bene, meglio di come pensassi”.

Quando hai capito che era arrivato il momento di ritirarsi?

“Nel 2021 avrei dovuto fare il Mondiale Superbike ma era saltato tutto ed avevo fatto quindi il CIV. Ero andato anche bene ma mi ero spento a livello mentale. Non è stato facile arrivare fino all’ultima gara anche se a Mugello ho fatto il mio record personale. Non avevo più gli stimoli. Era arrivato il momento di pensare ad altro. Ringrazio due capo tecnici straordinari che hanno recitato un ruolo fondamentale nella mia carriera: Dino Acocella ed Alessandro Finelli”.

Non fai nemmeno le gare amatoriali?

“E’ da un anno e mezzo che non salgo più su una moto e non ci penso nella maniera più assoluta. Non riuscirei a girare in pista senza guardare il cronometro. Il discorso è chiuso. Magari un giorno andrò a girare per divertimento ma le gare sono un capitolo chiuso”.

Ayrton Badovini, che voto daresti alla tua carriera?

“Un sette. Credo di avere avuto delle buone qualità, superiori alla media, non mi lamento e non ho rimpianti. Penso però che tante volte mi sono trovato nel posto giusto a momento sbagliato o viceversa. Ecco, forse mi è mancata un po’ di fortuna. Non voglio pensare però al mio passato ma guardare avanti., alle sfide che ancora mi attendono “.

Lascia un commento