4 Giugno 2015

Subito un altro morto al TT, che sia il caso di cambiare?

Neanche il tempo di cominciare e già si muore al TT. Il francese Franck Petricola, 32 anni, si è schiantato nel velocissimo tratto di Sulby Crossroads durante le prime qualifiche della gara Superbike che si correrà sabato 6 giugno. Dovevano essere giri d'assaggio e invece è stata la 233° tragedia dal 1907 in questa folle […]

Franck Petricola, francese di 32 anni, un solo giro al TT. Poi la morte (Crash.net)

Neanche il tempo di cominciare e già si muore al TT. Il francese Franck Petricola, 32 anni, si è schiantato nel velocissimo tratto di Sulby Crossroads durante le prime qualifiche della gara Superbike che si correrà sabato 6 giugno. Dovevano essere giri d'assaggio e invece è stata la 233° tragedia dal 1907 in questa folle sfida al destino volando a 330 km/h tra case, alberi e muri. Nel 2014 ci furono due morti in gara, adesso si ricomincia: negli ultimi anni, invece di diminuire, gli incidenti sono in drastico aumento. Amatori, professionisti, esperti, novizi: l'Isola di Man non guarda in faccia a nessuno. E' l'ora di chiedersi che senso abbia e se non sia il caso di cambiare. Radicalmente. Morire così, dopo un solo giro di prova, che senso ha?

COS'E' – Il TT si corre su un tracciato stradale di 60,6 km all'Isola di Man, in mezzo al mare tra Inghilterra e Irlanda. Fino al 1976 qui si correva la tappa inglese del Motomondiale, poi i piloti capeggiati da Giacomo Agostini – dieci successi in sedici gare – dissero basta. Ma anche senza titolarità iridata il fascino è rimasto. E negli ultimi anni è ulteriormente esploso valicando i confini del Regno Unito. Anche in Italia il TT è sempre più famoso. Per tanti appassionati è “la corsa”, altro che MotoGP e Superbike. Il programma dura una settimana e conta nove gare di ogni cilindrata, con una cinquantina di partenti. I piloti che ci vivono saranno una decina, gli altri sono amatori.

IMPATTO FATALE – Petricola era uno di questi. Correva abitualmente nell'IRRC, International Road Racing Championship, un campionato in sette tappe che si corre in Olanda, Germania e Republica Ceca. Anche lì tra campi e case, come al TT, ma senza lo stesso fascino e clamore. Correre all'Isola di Man era il sogno di Franck e nel 2014 era sfumato all'ultimo perchè si era infortunato alla NorthWest 200, tra i marciapiedi dell'Irlanda del Nord. Questa volta ce l'aveva fatta. Un giro e mezzo, poi la morte. Sulby Crossroad è il tratto più veloce, le Superbike toccano i 330 km/h. “Il rettilineo è così lungo che mi serve per prendere fiato e rilassarmi” ha raccontato alla Gazzetta Stefano Bonetti, pluricampione italiano della velocità in salita, uno dei due italiani al via di questa edizione. Forse Franck si è rilassato troppo. Chissà. A quella velocità la strada tra gli alberi diventa una sottilissima lama. Basta un guasto, o un impercettibile errore, per lasciarci la vita.

DUE MORTI 2014 – Un anno fa il TT è costato la vita a Karl Harris, 32 anni, ex campione europeo della Stock1000, ultimamente uno degli assi della serie nazionale britannica. Era la seconda volta che correva all'Isola di Man, gli è stata fatale la curva intitolata a Joey Dunlop, il più grande di tutti dall'alto dei suoi 26 successi. Harris era un grande professionista ma qui non ti salvi neanche con l'esperienza, la bravura e la classe. Pochi giorni prima era toccato a Bob Price, un dilettante di 65 anni finito a tutta velocità contro la facciata del pub di Ballaugh Bridge. Un incidente ripreso col telefonino da due spettatori e subito postato su youtube: due milioni di visualizzazioni in un anno. Una dinamica assurda, una tragedia quasi irreale. Le immagini sono troppo crude per finire qua sopra, se volete vedere come si muore al TT cercatele da soli.

DIRE BASTA? – Io amo Tourist Trophy e le altre gare stradali. Nessuno obbliga nessuno a correrci, sono tutti adulti consenzienti: chi corre, chi organizza, chi guarda, chi scrive. E' ora di domandarsi perchè si muore così tanto, cosi spesso, così per niente, anche in un banale giro di assaggio. Le moto di oggi sono troppo potenti, sofisticate e veloci? Sicuramente. Ma anche andando la metà si  morirebbe comunque. Forse abbiamo passato il segno. L'esaltazione e il fascino stanno svanendo di fronte a lutti sempre più frequenti. E se cambiassimo? Il TT è nato come gara di regolarità, perchè non tornare drasticamente alle origini? Il rimedio sarebbe semplice, non vince chi va più forte ma chi nell'arco dei giri designati riesce a replicare con più precisione gli stessi tempi, anche correndo ad andatura prudenziale. Non è una bizzarria, questa formula sta per partire in Italia nella velocità in salita per dilettanti. Restano comunque le moto, la velocità, le case, gli alberi e un po' di rischio. Potrebbe bastare, no?

Seguitemi su Twitter: https://twitter.com/PaoloGozzi1

Facebook: https://www.facebook.com/paolo.gozzi.54

Lascia un commento

7 commenti

  1. pinosiena ha detto:

    Purtroppo,questa è il at.T.. E forse è perché è così che piace tantissimo ai piloti. D’altronde i partecipanti sanno quanto è pericoloso e sono liberi di fare la propria scelta. Riposa in pace Franck.

  2. userID_8301025 ha detto:

    le migliori superbike al tt raggiungono i 310 km/h, io sarei curioso di vedere la ducati MotoGP che al mugello ha segnato 350 km/h cosa sarebbe in grado di fare nel rettilineo di sulby del mountain course che è molto più lungo di quello del mugello e si esce più forte dall’altima curva secondo me almeno 365 km/h per non parlare della media sul giro che verrebbe frantumata! spaventoso per chi guida ma spettacolare per chi osserva!

  3. bepvit ha detto:

    Sono d’accordo, una MotoGP al TT non è pensabile, non è compatibile con i salti, i dossi e la necessità di guidare improvvisando tipica delle gare stradali, soprattutto su un circuito di 60 km nel quale spesso variano condizioni climatiche e del fondo stradale… il TT (insieme alle altre gare stradali anglo-irlandesi) è veramente un mondo a parte rispetto ai mondiali GP e Superbike…
    Ma ci pensate, una MotoGP odierna coi sensori che registrano inclinazione, giri della ruota, giri del motore, miscela negli iniettori, rollio, beccheggio, etc, e che segue una traiettoria-binario… al TT il sistema impazzirebbe… bisognerebbe realizzare un versione dedicata solo a questa gara, roba di milioni…
    Vorrei sapere invece il parere degli appassionati su un TT corso solo con piccole cilindrate…

  4. userID_11648382 ha detto:

    Caro Paolo Gozzi,
    ho letto il suo articolo e la discussione successiva e mi trovo in disaccordo quando Lei dice che si limita a considerare la questione solo dal punto di vista tecnico e non morale. Difatti la sua esigenza di discutere l’aspetto tecnico parte esattamente da un problema a monte che è quello morale, ossia, che nella nostra società vediamo la morte come qualcosa di inaccettabile.
    Vede, la morte è considerata, oggigiorno, sotto l’influenza della nostra cultura occidentale, come una cosa assolutamente negativa, la cosa peggiore che possa capitarci. Ne abbiamo paura, ma non per questo essa è evitabile. Chiunque è soggetto ad essa, nessuno può sfuggire da lei. Allora mi viene da dire, perché una cosa così naturale come la nascita di un individuo è vista con paura invece che con consapevolezza? la risposta ovvia è che l’uomo moderno, quello occidentale in particolare, essendo puramente sotto influenza di una cultura materialista non riesce a “vedere” al di là della fine della vita. Per l’uomo scientifico esiste solamente tutto ciò che si può toccare, vedere e sentire, tutto il resto non c’è o non è reale. Guai a pensare il contrario verresti preso per pazzo!! o escluso…Non è accettabile oggi che l’esistenza continui anche oltre ma sopratutto non è accettabile che ci sia anche qualcosa prima della nascita che insomma la vita è solo un passaggio di qualcosa di più grande che si chiama esistenza. Da questo punto di vista le culture dell’estremo oriente sono millenni avanti a noi, per esse la morte è solo una tappa della nostra esistenza come lo è la nascita. 
    Questa cecità riguardo a tutto ciò che sta “oltre” è la causa della nostra paura, causata dal fatto che non sappiamo cosa ci sia dopo la vita. Siamo sicuri solamente che tutto ciò che abbiamo fatto e ottenuto verrà cancellato. Una persona attaccata a questa esistenza materiale non riesce ad accettare ciò. Il problema che si pone, però, a questo punto è che una persona con tale visione diventa ricattabile e perde di conseguenza la sua libertà. Così, la paura viene utilizzata come strumento di controllo dai governanti, grazie alla paura si riesce a far digerire al popolo misure drastiche di controllo o perché no di “austerity”. …
    Vista da un altro punto di vista la morte è una liberazione dai nostri problemi e dalle nostre sofferenze, dalle menzogne, dai ricatti e dai torti subiti, dai tormenti e dalle ossessioni, dalle insoddisfazioni e dalle lotte quotidiane per portare a casa la pagnotta. La morte dunque vista come strumento di passaggio a una nuova esistenza, insomma una trasformazione. Una nuova rinascita si cela dietro di essa. 
    Perché non vederla in questo modo? perché non accettare che un altro la veda a questo modo? I morti (sorridenti in vita) del TT, sono passati dall’altra parte liberandosi dai doveri e dalle sofferenze, beati i morti del TT!!
    Erano consapevoli e hanno accettato i rischi, facevano ciò che amavano, non correvano dietro ai soldi correvano per passione. Lasciamoli stare non c’entrano nulla con queste faccende materiali loro ormai stanno altrove, non usiamoli per cercare di imporre il nostro punto di vista su altre persone. 
    Questo per quanto riguarda l’aspetto moralespirituale.
    Ora, per quanto riguarda l’aspetto tecnico, semmai dovesse ancora sussistere, vorrei sapere perché 2 morti al TT suscitano più clamore e scandalo di altre morti che avvengono durante sport considerati non estremi? 
    Prendiamo ad esempio la maratona:
    Nell’ottobre del 2009 morirono 3 (tre!) persone durante la maratona di Detroit. http://www.foxnews.com/story/2009/10/20/autopsies-for-three-who-died-in-detroit-marathon-inconclusive.html
     Addirittura i media si sono allarmati per questo fatto, cosa rara per questo genere di eventi, nonostante la media sia dai 4 ai 6 morti per anno durante le sole gare, i dati non tengono conto delle ore spese durante gli  allenamenti. Ma qualcuno si è mai sognato di ridurre la lunghezza della maratona? o cercare di imporre che vince chi mantiene una velocità più costante lungo tutto il percorso? I maratoneti devono sottoporsi a visite mediche così come i motociclisti devono indossare il casco, due modi cercare di arginare la morte ma a quanto pare insufficienti per evitarla al 100%. 
    Certo, sono molte di più le persone che corrono maratone che quelle che vanno al TT, ma almeno questi ultimi sono consapevoli dei rischi, un maratoneta amatore non lo è. E’ il nostro perbenismo politicamente corretto che ci fa gridare contro la morte, sì, e a quanto sembra solo contro alcune…
    La gente muore, fa questo da chissà quanti millenni, sarebbe ora di accettare questo fatto e vederlo per quello che è realmente. Forse sarebbe meglio concentrarci sulla qualità della vita piuttosto che sulla singolarità dell’evento chiamato morte.
    Lunga vita al TT.