22 Luglio 2013

Quando il dolore acceca

Il giovedi vai nel box numero 30 a salutare un ragazzo che hai visto cominciare che era ancora bambino. Gli chiedi se gli andrebbe di provare una moto elettrica da corsa e lui ti risponde “sono curioso, mi piacerebbe. Ma fa rumore?” Il giorno dopo suo papà si siede accanto in sala stampa chiedendoti con […]

Il giovedi vai nel box numero 30 a salutare un ragazzo che hai visto cominciare che era ancora bambino. Gli chiedi se gli andrebbe di provare una moto elettrica da corsa e lui ti risponde “sono curioso, mi piacerebbe. Ma fa rumore?” Il giorno dopo suo papà si siede accanto in sala stampa chiedendoti con cortesia di tradurgli un sms in inglese spedito da un amico russo.

Flash di ricordi. Il pomeriggio della domenica uno schianto terribile. L'attesa e la paura. Tutto che svanisce. E' dura da accettare, ma se ami le corse, devi sapere che può finire anche così. Chi è sulle piste da trent'anni sa benissimo che gli incidenti, anche gravi, sono la norma. Non l'eccezione. Non passa anno che qualcuno non si faccia male sul serio. E ogni tanto, per fortuna sempre più di rado, ti capita di dover raccontare la morte in diretta.

Quella volta ad Imola, nel 1985, la diretta non c'era, ma la morte si. Lorenzo Ghiselli se ne andò schiantandosi alla Villeneuve. Era di Siena, eravamo come fratelli: lui sognava di diventare campione del Mondo della 500, io di diventare un giornalista vero. Da quella volta ho compreso che è meglio non legarsi troppo ai piloti. Raccontarli con passione, ammirazione e rispetto, ma sempre da una certa distanza. Se decidi che le corse siano la tua vita, devi essere consapevole che può succedere. A chiunque, e a tradimento.

Dopo la tragedia di Andrea Antonelli molti si sono fatti accecare dal dolore. Max Biaggi, dalla California, ha condannato il Moscow Circuit come fosse lo stradale del Tourist Trophy, invece di un tracciato modello. Dove lui stesso, undici mesi fa, ha corso, lottato e rischiato. Finendo prima sul podio e poi addosso a Leon Haslam in uno spericolato tentativo di sorpasso. Centro metri dopo il punto ieri fatale.

Luca Scassa e Roberto Rolfo, partiti nella stessa gara Andrea, hanno detto che c'era troppa acqua per correre. E' da chiedersi perchè dopo il giro di ricognizione, cioè due minuti prima della tragedia, non abbiano alzato il braccio in griglia per segnalare che non si poteva partire. Ne avevano facoltà, perchè c'è un accordo con la Race Direction che lo prevede. Dopo è troppo tardi.

Marco Melandri ha chiesto maggiore potere di decisione per i piloti. Ma in realtà nella Race Direction, l'organo direttivo del GP che domenica avrebbe potuto rinviare la partenza, un pilota c'è già. Si chiama Gregorio Lavilla, e non è uno qualsiasi. Ha corso per dieci anni in Superbike disputando 188 gare. Ha esperienza da vendere, sensibilità e un cuore d'oro.

La Race Direction è formata da tre persone: il direttore del campionato, il direttore di gara e questo ex pilota cui è stata affidata la gestione sportiva del Mondiale. Quindi, per lavoro, parla coi piloti di adesso per tutto il giorno. Se c'è qualcosa che non va, basta dirglielo. Lavilla è in carica da otto GP: ha già fatto cambiare la procedura di pit stop, istituendo un tempo stabilito d'ufficio perchè i meccanici possano cambiare le ruote con calma senza rischi per i piloti. E' ha fatto sapere che a Monza, troppo pericolosa, non si correrà più, neanche se c'è un contratto per il 2014 ed è uno dei round più prestigiosi del calendario.

Cari piloti, ammesso che l'asfalto di Mosca avesse dei problemi, o che non si potesse partire, bastava dirlo. Dopo è troppo tardi.

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