25 Giugno 2014

La Superbike moderna è nata nel tempio del basket

Ecco una storia che nessuno ha mai raccontato: la Superbike moderna ha visto la luce al PalaDozza, la casa della Fortitudo Bologna, una delle più nobili squadre di basket italiane:  due scudetti, una coppa italia e due Supercoppe nazionali. Ce lo racconta Massimo Bordi, l’ingegnere che è stato protagonista del rilancio della Ducati come la […]

Ecco una storia che nessuno ha mai raccontato: la Superbike moderna ha visto la luce al PalaDozza, la casa della Fortitudo Bologna, una delle più nobili squadre di basket italiane:  due scudetti, una coppa italia e due Supercoppe nazionali. Ce lo racconta Massimo Bordi, l’ingegnere che è stato protagonista del rilancio della Ducati come la conosciamo oggi. E’ dalla sua penna che sono uscite le Superbike dei tempi d’oro, a cominciare dalla 851 del primo titolo iridato di Raymond Roche nel 1990. A metà anni ’80 Bordi è stato anche tra i principali consulenti della federazioni italiana e internazionale per la definizione del regolamento tecnico che portò al varo del Mondiale Superbike istituito nel 1988. Ecco come andò dal racconto che Massimo Bordi ci offre in prima persona.

Il Paladozza è la casa della Fortitudo Bologna, due scudetti

PIONIERI“Negli anni fra il 1980 e l’85  le categorie per le competizioni delle moto derivate di serie erano la TT2 e la TT1. Nella prima la cilindrata per i 4 tempi andava da 400 a 600 cc; nella seconda doveva stare tra 750 e 1000 cc fino al 1985, anno in cui la F1 venne limitata a 750 cc con qualsiasi numero di cilindri (2-3-4). La Ducati in quegli anni otteneva buoni risultati nella TT2, ma non era competitiva con la stessa moto con la cilindrata maggiorata a 750 cc nella categoria  F1. Era chiaro che con un motore a due cilindri, con testa a due valvole per cilindro e raffreddamento ad aria non c’era possibilità di competere nella categoria 750 F1 contro i quattro cilindri di pari cilindrata”. Nel 1985 la Ducati passò da Finmeccanica al Gruppo Cagiva  e per la Casa bolognese iniziò una fase tutta nuova. Il marchio era  conosciuto a livello mondiale ma era urgente  tornare ad essere protagonisti e vincere nella classe F1 750  per rilanciare il fascino indebolito dallo strapotere delle quattro cilindri giapponesi. Nel 1986 arrivò l’occasione del rilancio sportivo: grazie ai rapporti con la  Federazione Motociclistica Italiana, si presentò  l’opportunità di proporre un nuovo regolamento per un campionato italiano riservato alle moto derivate dalla serie che riequilibrasse le possibilità per le bicilindriche di competere  con le quattro cilindri nipponiche.”

1985, tre geniali tecnici Ducati: da sinistra Fabio Taglioni, Massimo Bordi e Gianluigi Mengoli

INCROCIO COL BASKETSuccesse nel  corso di un incontro organizzato curiosamente a Bologna in una sala riunioni del palasport di piazzale Azzarita, in centro città, in quella che era la cattedrale del Basket: è lì che di fatto nacque l’idea della Superbike come la conosciamo oggi. La formula si era già sviluppata qualche anno prima negli Stati Uniti per dare la possibilita’  alle Harley-Davidson di gareggiare con le moto giapponesi. Negli Usa i bicilindrici da 1000 cc potevano competere con  le 750-quattro. Oltre al vantaggio della cilindrata maggiore, sfruttavano anche un peso inferiore. Una scelta, quest’ultima, corretta  da un punto di vista ingegneristico che permetteva di confrontare fra loro motori a due, tre, quattro cilindri su basi coerenti con le prestazioni ottenibili da frazionamenti della cilindrata differenti. A pari cilindrata e con soluzioni tecniche simili, un motore a quattro cilindri ha sempre una potenza maggiore di un due cilindri perchè può girare a regimi più alti e sfrutta un miglior riempimento dei cilindri. Il modo più semplice per equilibrare le prestazioni era quello di concedere al bicilindrico una cubatura maggiore. E tutto questo l’aveva già inventato l’AMA, la federazione motociclistica statunitense.

L’ingegnere Massimo Bordi, oggi

COME ANDO’ – “Al PalaDozza l’ingegner Fabio Fazi e Bruno Apolloni  rappresentavano la Federazione Italiana, per la Moto Morini c’era l’ingegnere Lambertini, per la Ducati c’eravamo io e Franco Farné. Tutti assieme fissammo i punti più importanti  di quello che con gli opportuni affinamenti sarebbe poi diventato il regolamento del Campionato Italiano Superbike per la stagione 1987. Grazie al forte supporto di Claudio Castiglioni, avevo gia’ sviluppato  il Desmoquattro con cilindrata limitata  a 748 cc. come consentito nelle gare di  F1. Il motore, pur bicilindrico, grazie a soluzioni tecniche molto avanzate rispetto ai 4 cilindri giapponesi dell’epoca, poteva dare alla Ducati  nuove opportunità di successo in pista, ma anche sul mercato. Utilizzando tecnologia di derivazione F1  (controllo desmo delle 4 valvole, l’iniezione elettronica, il nuovo disegno dei condotti e della camera di scoppio) puntavamo ad avere con un 750 cc oltre 100 cavalli di potenza nel motore in versione corsa. Ma  con il nuovo regolamento della Superbike italiana avevamo la possibilità di crescere nella cilindrata diventando davvero vincenti. E il successivo Desmoquattro portato ad 851 cc confermò tutte le aspettative: la nuova Ducati, pur ancora con alcuni limiti di affidabilità, era fortissima e nel campionato 1987 Marco Lucchinelli più volte vide sfumare una vittoria certa per problemi di elettronica.

1988: l’americano Fred Merkel e la Honda conquistano la prima edizione del Mondiale SBK

SUCCESSO“Si comprese subito dal grande successo di pubblico che la nuova Superbike aveva le caratteristiche per sfondare: la formula varata era semplice da comprendere e suscitava grande interesse negli appassionati grazie al confronto in pista fra schemi motoristici differenti, per di più con moto vicinissime a quelle di produzione. Inoltre giocò un ruolo non secondario il ritorno alle corse e con concrete possibilità di vittoria di un marchio italiano come Ducati. L’Italia fece da apripista al Mondiale grazie al fondamentale supporto di Francesco Zerbi, avvocato calabrese a quei tempi presidente della Federmoto Internazionale. Nei primi mesi del 1987 fummo chiamati a Ginevra, sede della FIM: c’ero io per la Ducati e i rappresentanti delle Case giapponesi. Fu una discussione lunga, le giapponesi difendevano il quattro cilindri, io spinsi per creare condizioni favorevole ai bicilindrico. Ma alla fine tutti insieme trovammo il giusto compromesso per varare il primo Mondiale Superbike della storia; quelle riunioni poi si ripeterono pressoché ogni anno in occasione dei vari congressi della FIM dove si introducevano modifiche tecniche per migliorare il regolamento e aggiornarlo di continuo.

DISCUSSIONI“Ben presto, però, a causa dei ripetuti successi di Ducati, arrivarono pressioni sempre più forti e decise delle Case giapponesi per ridurre l’handicap dei quattro cilindri. Ci furono diversi interventi per aiutare  le giapponesi, ma non tali  da contraddire lo spirito iniziale di una corretta competizione tra scelte tecnico- ingegneristiche  diverse. Ci furono, per questo, discussioni accese tra me ed il direttore tecnico della Honda Michihiko  Aika, progettista della bellissima Rc30. Ma devo anche riconoscere che rappresentando la piccola Ducati che vinceva contro le grandi Case del Sol Levant  ho sempre goduto di una particolare simpatia nel comitato tecnico FIM.”

FENOMENO SUPERBIKE“Sotto la creativa e intelligente gestione di Maurizio Flamini il Mondiale Superbike diventò ben presto un evento straordinario capace di far emergere grandi campioni. Diventando talmente popolare fra gli appassionati da richiamare spesso e in più circuiti nel mondo un maggior numero di appassionati rispetto alle gare del Motomondiale. Senza scordare il fondamentale stimolo che le gare per le derivate di serie hanno fornito al mercato motociclistico, con l’arrivo di modelli stradali sempre più sofisticati e potenti che hanno anche significato lavoro e investimenti in tecnologia (e quindi progresso) per tante imprese coinvolte. La Superbike ha già 27 anni ma il bello deve ancora venire”.

Seguitemi su Twitter: https://twitter.com/PaoloGozzi1

Facebook: https://www.facebook.com/paolo.gozzi.54

Lascia un commento