15 Luglio 2013

Corse su strada, un altro morto: quattro in una settimana

Bilancio sempre più tragico nelle corse su strada: quattro morti in sette giorni. Dopo la mattanza alla Southern 100 con tre vittime tra prove e gare, ieri è toccato a Bruce Moulds, 25enne britannico che si è ucciso sul piccolo tracciato di Valderstown, in Irlanda, durante la gara della 125. Si stava disputando una tappa […]

Bilancio sempre più tragico nelle corse su strada: quattro morti in sette giorni. Dopo la mattanza alla Southern 100 con tre vittime tra prove e gare, ieri è toccato a Bruce Moulds, 25enne britannico che si è ucciso sul piccolo tracciato di Valderstown, in Irlanda, durante la gara della 125. Si stava disputando una tappa della Irish Road Races, il campionato degli specialisti di questo genere di competizione. C’era anche un italiano, Davide Ansaldi, finito undicesimo e settimo nella categoria 400 cc. Alla tragica lista c’è da aggiungere anche il giapponese Yoshinari Matsushita morto durante le prove del più prestigioso Tourist Trophy all’Isola di Man, a fine maggio.

Bruce Mould (9) in una foto pubblicata sul profilo Facebook.

I piloti che vi prendono parte sanno bene che correre a 320 km/h tra case, marciapiedi, rocce e pali della luce non è la stessa cosa che sfilare sul rettilineo del Mugello. Perfino gli spettatori sono consapevoli della possibilità di non poterla raccontare: nella gara clou del TT una moto è finita tra la folla nella discesa di Bray Hill ferendo in modo non grave undici persone. Poteva essere una strage.
A me le corse su strada piacciono. Non trovo affatto scandaloso che ci sia qualcuno determinato a giocarsi anche la vita per fare la cosa che ama. Non trovo scandaloso neanche che a tante persone le gare tra le case piacciano così tanto, perfino in Italia dove sulle strade normali non si corre più (ad alto livello) dagli anni ’70. Non ho mai capito perchè quelli che muoiono in guerra siano dipinti da eroi, mentre chi s’ammazza al TT passi per pazzo. Per me è esattamente il contrario. Questione di punti di vista.
Il motociclismo è amore del rischio, a tutti i livelli. E anche nell’algida MotoGP vince chi osa di più: ieri in Germania il ventenne Marc Marquez faceva spavento alla curva 11, la tremenda picchiata in discesa che in prova ne aveva falciati parecchi. Nella via di fuga, per fortuna, non c’è una casa. Ma se ci fosse ci sarebbe comunque qualcuno disposto a buttarsi dentro a vita persa. Forse perfino lo stesso Marc.

Ma quattro morti in sette giorni è un bilancio decisamente insopportabile anche chi ritiene che le corse su strada siano il motociclismo più vero, e tutto il resto solo uno sbiadito surrogato. E’ evidente che c’è qualcosa che non funziona. Circuiti, procedure, organizzazione, misure di prevenzione: possibile che non si possa fare proprio niente per ridimensionare il pericolo?

Guy Martin (4) vincitore tra i muri della Southwest 100 con la Suzuki ufficiale (photo Suzuki Press)

I tracciati stradali, quasi tutti velocissimi, sono diventati sempre più anacronistici con l’evolversi della tecnica. Al giorno d’oggi basta una  Supersport (media cilindrata) di serie per sfiorare 280 km/h e le Superbike, anche in versione concessionario, superano di slancio i 300. Decisamente troppi per stradine come quelle del Billown Circuit, nella parte meridionale dell’Isola di Man, sei chilometri tra muri di roccia (vedi la foto a fianco)
In Italia la Federazione Motociclistica ha rilanciato la velocità in salita imponendo severe limitazioni. La lunghezza dei percorsi è stata ridotta e i rettilinei sono spezzati da varianti artificiali. La media, per regolamento, non può superare i 100 km/h. Nel punto più veloce dell’intero calendario lo specialista Stefano Bonetti non supera i 165 km/h di punta massima. Eppure le gare sono ancora belle ed emozionanti. Il rischio c’è sempre, ma più calcolato. Le vere road races sono sempre più una roulette con il destino: a metà agosto all’Ulster GP, sullo storico percorso di Dundrod, voleranno a 220 km/h. Di media. Nella gara più veloce di tutto il Mondo.
Anche lanciarsi col paracadute è esaltante proprio perchè pericoloso.  Ma se scegli di atterrare in una palude piena di alligatori, per vedere l’effetto che fa, non sei un coraggioso. Solo stupido.

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14 commenti

  1. Ancora io ha detto:

    non credo che a loro interessino le tue lacrime… io la demenzialitàla trovo esclusivamente nel solito commento retorico, invece che in quel tipo di gare…

  2. orecchiedamercante ha detto:

    Si è ucciso, di sua spontanea iniziativa, pace all’anima sua ma è una notizia che non ci riguarda, queste corse non hanno nulla a che vedere con lo sport

    • Paolo Gozzi ha detto:

      Il “consenso della società” ce l’hanno eccome. Le gare su strada sono organizzate da Federazioni Motociclistiche Nazionali iscritte alla Federazione Motociclistica Internazionale e anzi l’ACU, l’organo sportivo che ha giurisdizione sul TT, cioè la madre di tutte le corse su strada, è una delle più potenti in seno alla FIM. La nostra federazione motociclistica (FMI) concede il nulla osta ai piloti con licenza italiana che intendo correre. Il TT ha il patrocinio del governo dell’Isola di Man ed è una delle principali fonti di introito per l’Isola. Nelle gare minori, in scala ridotta, funziona allo stesso modo. Prendere a schiaffi cosa scusa? I piloti delle corse su strada non prendono a schiaffi nessuno. Anzi Joey Dunlop, il più grande di tutti, era impegnato nel sociale e nel supporto di popolazioni oppresse da guerra e povertà.

      • Paolo Gozzi ha detto:

        @Pito28: sono daccorco con Guy Martin, e anche con te. Però, pur amando le moto, le corse su strada e i coraggiosi che le fanno, non possiamo/dobbiamo restare impassibili di fronte a quattro morti. Non si può fare molto, certo. Ma, ne dico una, partire a cronometro come al TT mi pare decisamente meno pericoloso che in griglia. Ma, si sa, i britannici sono ligi alla tradizione. E vai a cantagli di fare l’Ulster TT con partenze cinque secondi l’una dall’altra….

      • Paolo Gozzi ha detto:

        @Pito28: sono daccorco con Guy Martin, e anche con te. Però, pur amando le moto, le corse su strada e i coraggiosi che le fanno, non possiamo/dobbiamo restare impassibili di fronte a quattro morti. Non si può fare molto, certo. Ma, ne dico una, partire a cronometro come al TT mi pare decisamente meno pericoloso che in griglia. Ma, si sa, i britannici sono ligi alla tradizione. E vai a cantagli di fare l’Ulster TT con partenze cinque secondi l’una dall’altra….

    • Paolo Gozzi ha detto:

      Il “consenso della società” ce l’hanno eccome. Le gare su strada sono organizzate da Federazioni Motociclistiche Nazionali iscritte alla Federazione Motociclistica Internazionale e anzi l’ACU, l’organo sportivo che ha giurisdizione sul TT, cioè la madre di tutte le corse su strada, è una delle più potenti in seno alla FIM. La nostra federazione motociclistica (FMI) concede il nulla osta ai piloti con licenza italiana che intendo correre. Il TT ha il patrocinio del governo dell’Isola di Man ed è una delle principali fonti di introito per l’Isola. Nelle gare minori, in scala ridotta, funziona allo stesso modo. Prendere a schiaffi cosa scusa? I piloti delle corse su strada non prendono a schiaffi nessuno. Anzi Joey Dunlop, il più grande di tutti, era impegnato nel sociale e nel supporto di popolazioni oppresse da guerra e povertà.

  3. Ancora io ha detto:

    non credo che a loro interessino le tue lacrime… io la demenzialitàla trovo esclusivamente nel solito commento retorico, invece che in quel tipo di gare…

  4. orecchiedamercante ha detto:

    Si è ucciso, di sua spontanea iniziativa, pace all’anima sua ma è una notizia che non ci riguarda, queste corse non hanno nulla a che vedere con lo sport

  5. FunkDriver ha detto:

    Spettabile Paolo

    …non ho ben capito la frase sugli alligatori ma per il resto apprezzo il tuo commento. Cambiare la mentalità ai britannici è decisamente impossibile perchè la parola tradizione è un caposaldo del loro modo di essere. Credo che chi vada in casa di altri debba sempre rispettare le regole che trova e mai cercare di cambiarle, quindi se vado al TT so cosa mi aspetta. punto e basta. Certo, partire a crono potrebbe essere una soluzione, ma se davanti a te ne partono tre più lenti, prima o poi vi trovate a dover tirare un paio di staccate insieme. Si muore ogni giorno per molteplici circostanze. Ci colpisce sempre la morte che sentiamo vicina. quella che potrebbe capitare anche a noi ( che corriamo) e ci stupiamo che chi non sa assolutamente nulla di ciò che blatera posti commenti assurdi solo per vedere il proprio nickname spiccare fra gli altri. Credo che tu abbia a cuore questo SPORT, ( questo è uno sport più puro e pulito di molti altri ) ma che come me, come tutti gli altri, nemmeno tu abbia la bacchetta per fare la magia e togliere dal bordo pista la morte che ogni tanto si accomoda. Cordialmente. Will

  6. FunkDriver ha detto:

    Spettabile Paolo

    …non ho ben capito la frase sugli alligatori ma per il resto apprezzo il tuo commento. Cambiare la mentalità ai britannici è decisamente impossibile perchè la parola tradizione è un caposaldo del loro modo di essere. Credo che chi vada in casa di altri debba sempre rispettare le regole che trova e mai cercare di cambiarle, quindi se vado al TT so cosa mi aspetta. punto e basta. Certo, partire a crono potrebbe essere una soluzione, ma se davanti a te ne partono tre più lenti, prima o poi vi trovate a dover tirare un paio di staccate insieme. Si muore ogni giorno per molteplici circostanze. Ci colpisce sempre la morte che sentiamo vicina. quella che potrebbe capitare anche a noi ( che corriamo) e ci stupiamo che chi non sa assolutamente nulla di ciò che blatera posti commenti assurdi solo per vedere il proprio nickname spiccare fra gli altri. Credo che tu abbia a cuore questo SPORT, ( questo è uno sport più puro e pulito di molti altri ) ma che come me, come tutti gli altri, nemmeno tu abbia la bacchetta per fare la magia e togliere dal bordo pista la morte che ogni tanto si accomoda. Cordialmente. Will

  7. pirce ha detto:

    chi non ha la passione per la moto non potrà mai capire le corse , tanto meno le corse su strada.
    pertanto bando alla retorica e al cinismo, sono un motociclista da una vita, e non avrei il coraggio di sfrecciare ai 300 all’ora in mezzo a pali e marciapiedi, ma capisco la passione che spinge questi pazzi, coraggiosi, (chiamateli come volete ma per me sono solo persone con il contagiri nel cuore)a farlo, il motociclismo è uno sport pericoloso e pericoloso rimane nonostante tutto, anche se meno di un tempo, il fato gioca sempre un ruolo importante in questo sport, andatelo a raccontare a chi ha vinto tutte le classi battendo tutti i record tra i pali del TT, per poi praticamente distruggersi le gambe in una gara di sbk in pista un paio di mesi dopo…….
    detto ciò mi trovo perfettamente d’accordo con Paolo, i circuiti erano pericolosi con le moto di trent’anni fa, ora sono decisamente anacronistici e qualcosa lo si potrebbe sicuramente fare

  8. pirce ha detto:

    chi non ha la passione per la moto non potrà mai capire le corse , tanto meno le corse su strada.
    pertanto bando alla retorica e al cinismo, sono un motociclista da una vita, e non avrei il coraggio di sfrecciare ai 300 all’ora in mezzo a pali e marciapiedi, ma capisco la passione che spinge questi pazzi, coraggiosi, (chiamateli come volete ma per me sono solo persone con il contagiri nel cuore)a farlo, il motociclismo è uno sport pericoloso e pericoloso rimane nonostante tutto, anche se meno di un tempo, il fato gioca sempre un ruolo importante in questo sport, andatelo a raccontare a chi ha vinto tutte le classi battendo tutti i record tra i pali del TT, per poi praticamente distruggersi le gambe in una gara di sbk in pista un paio di mesi dopo…….
    detto ciò mi trovo perfettamente d’accordo con Paolo, i circuiti erano pericolosi con le moto di trent’anni fa, ora sono decisamente anacronistici e qualcosa lo si potrebbe sicuramente fare

  9. userID_10146372 ha detto:

    Esiste uno sport la cui naturalezza è rimasta intatta, uno sport lontano dai mass media, dai soldi a cascate, dai giornali e dalle televisioni internazionali….si corre in Irlanda e sull’Isola dell’Uomo…un campionato magico, quello della TT di moto su strada quanto tragico, una passione che quest’anno, come quasi ogni anno, ha fatto 4 vittime in una sola settimana…uno sport dove come dicono i fratelli Dunlop “death is just a split away”…qualcuno li chiama pazzi, qui tutti li chiamano Eroi…la paura? Svanisce quando sali sulla moto e sei concentrato sul presente, sai che il futuro non esiste…come puoi avere paura di qualcosa che non esiste? Questo mi ha detto Michael Dunlop ieri sera. Ho visto la loro storia, due generazioni di eroi morti per la loro passione, “ma è meglio così, prima o poi moriamo tutti ma volete mettere morire in moto con l’adrenalina al massimo piuttosto che spirare dopo mesi a letto divorati dal cancro?” Michael parla come se sapesse già come se ne andrà, ha 25 anni ed è il nuovo campione TT,. Suo fratello William di anni ne ha 29, zoppica perché al TT si è rotto la gamba in due punti…è passata una sola settimana, arriva alla premiere senza stampelle…”3 settimane e sono in sella” …sanno già come se ne andranno nel loro cuore, come se ne è andato suo padre, tradito dalla sua “macchina” nelle prove della stessa gara che, il giorno dopo, Michael ha vinto anche se i giudici non volevano lasciarlo gareggiare; come se ne è andato suo zio, in un giorno di pioggia, contro un albero per un futile e semplice errore umano; ma fino ad allora, avranno davvero vissuto.
    La loro storia è raccontata in un documentario irlandese che si chiama “Road” e, chiunque ami lo sport, non solo la moto, non può assolutamente perderlo.

  10. userID_10146372 ha detto:

    Esiste uno sport la cui naturalezza è rimasta intatta, uno sport lontano dai mass media, dai soldi a cascate, dai giornali e dalle televisioni internazionali….si corre in Irlanda e sull’Isola dell’Uomo…un campionato magico, quello della TT di moto su strada quanto tragico, una passione che quest’anno, come quasi ogni anno, ha fatto 4 vittime in una sola settimana…uno sport dove come dicono i fratelli Dunlop “death is just a split away”…qualcuno li chiama pazzi, qui tutti li chiamano Eroi…la paura? Svanisce quando sali sulla moto e sei concentrato sul presente, sai che il futuro non esiste…come puoi avere paura di qualcosa che non esiste? Questo mi ha detto Michael Dunlop ieri sera. Ho visto la loro storia, due generazioni di eroi morti per la loro passione, “ma è meglio così, prima o poi moriamo tutti ma volete mettere morire in moto con l’adrenalina al massimo piuttosto che spirare dopo mesi a letto divorati dal cancro?” Michael parla come se sapesse già come se ne andrà, ha 25 anni ed è il nuovo campione TT,. Suo fratello William di anni ne ha 29, zoppica perché al TT si è rotto la gamba in due punti…è passata una sola settimana, arriva alla premiere senza stampelle…”3 settimane e sono in sella” …sanno già come se ne andranno nel loro cuore, come se ne è andato suo padre, tradito dalla sua “macchina” nelle prove della stessa gara che, il giorno dopo, Michael ha vinto anche se i giudici non volevano lasciarlo gareggiare; come se ne è andato suo zio, in un giorno di pioggia, contro un albero per un futile e semplice errore umano; ma fino ad allora, avranno davvero vissuto.
    La loro storia è raccontata in un documentario irlandese che si chiama “Road” e, chiunque ami lo sport, non solo la moto, non può assolutamente perderlo.