18 Ottobre 2017

MotoGP, la polemica: Rossi contro Marquez, il biscottificio riscaldato

Un quotidiano nazionale rispolvera la vendetta di fine stagione. Ma Valentino ha altro a cui pensare che regolare i conti del 2015

Ci risiamo. Sempre la stessa solfa, come un triste ritornello. Come per gli armadi, ad ogni cambio di stagione viene fuori il “biscotto”. Il presunto complotto ordito dai soliti cattivoni ai danni di questo o quel pilota (nella foto: il contestato GP Australia 2015).

VENDETTA – Intendiamoci, la dietrologia è uno sport nazionale. Molto più diffuso del calcio, della politica, dell’influenza invernale. La novità, semmai, è un’altra. Un lettore ci ha segnalato un corposo articolo di fondo, comparso su di un quotidiano ad ampia tiratura, che evidenzia con termini quali “vendetta”, “regolare i conti”, “dente per dente” la supposta volontà di Valentino Rossi di aiutare Dovizioso ai danni di Marc Marquez nel finale di campionato della MotoGP. Chissà se la supposta è in senso letterale, oppure in quello figurato. Qui sta il punto. I lettori e gli appassionati hanno il sacrosanto diritto all’opinione. I fan club a pensarla come vogliono. I giornalisti invece dovrebbero, quantomeno per il mestiere che facciamo, avere l’onestà intellettuale di parlare con fatti certi, documentati, senza speculazioni pruriginose che fanno tanto buco della serratura e poco notizia.

IMBROGLIO  – Il cappello sopra il titolo dell’articolo – che richiama comunque il “biscotto” della (s)fortuna del 2015 – cita testualmente: “Marquez fuori dai giochi aiutò Lorenzo”. Si insinua la verità unica e assoluta (nota nei dettagli solo all’estensore dell’articolo peraltro) che il famoso imbroglio costato il decimo titolo al pesarese fosse reale e certo. In questo modo si autorizza il lettore a giustificare una vendetta servita fredda da un Valentino Rossi travestito da vendicatore mascherato che non dimentica, non perdona, non concede assoluzione. In questo momento il nove volte campione del mondo ha problemi ben più grossi a cui pensare, che non vendicarsi: risolvere i limiti, evidentissimi, di una M1 versione 2017 nata sotto una cattiva stella.

ANTIPATIA – Non è un segreto che Valentino e Andrea non si amino molto. È normale che sia così: chi frequenta autodromi e piloti anche per poco tempo sa quanto siano individualisti. Quindi a che titolo il campione di Tavullia dovrebbe aiutare il pilota Ducati ? Per fare un dispetto a Marc Marquez? Non scherziamo. David Emmett, un giornalista tra i più apprezzati del Circus, sulle colonne di motomatters.com ha scritto una cosa che dovrebbe far riflettere: nel giro d’onore della MotoGP a Motegi abbiamo assistito a due reazioni opposte, che sono un po’ lo specchio della stagione. Un chiasmo. Andrea Dovizioso, il freddo, l’intelligente, il razionale, era talmente commosso che dopo aver menato fendenti all’aria è finito lungo nella ghiaia per aver ritardato la frenata a causa della tensione accumulata durante la gara. Al contrario Marc Marquez, il passionale, lo scavezzacollo, l’enfant terrible, era talmente inferocito che la sua squadra ha chiuso l’audio prima del Parc Fermè, per evitare che in tv si potesse sentire qualcosa. Questi fenomeni dei semimanubri sono prima di tutto degli uomini, fatti di cuore e di palle, ma sono anche dei professionisti, non dei bambini dell’asilo da tirare per la giacchetta.

CIRCO MEDIATICO – Il ditino alzato di certo giornalismo, che in pista evidentemente ci passa poco tempo, ma con le parole va fortissimo, fa male. Con articoli di questo genere a perderci in credibilità, purtroppo, è la nostra categoria. Sobillare senza chiarire niente, vellicare i sentimenti più antipatici dei tifosi pur senza affermare alcunché, fa male. Senza vittimismo: se hai qualcosa da raccontare lo devi dimostrare coi fatti, con le fonti, con i giorni passati a gelarti il culo in circuito, non con le ipotesi strampalate, buone per la polemica e basta. Dovizioso stesso ha dichiarato che non cerca e non chiede aiuto. Si vince in pista o si perde in pista. Come in ogni sport. Il biscottificio di stagione, invece, è perdente in partenza.

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